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Sistema europeo delle banche centrali Il Sistema europeo delle banche centrali (SEBC), istituito dal trattato di Maastricht, è costituito dalla Banca centrale europea e dalle banche centrali nazionali dei 27 stati membri dell'Unione europea. Compiti e obiettivi. È stato istituito dal Trattato di Maastricht nel 1992, che ne ha definito gli obiettivi: Il SEBC è costituito dalla Banca centrale europea e dalle Banche centrali nazionali dei 27 stati membri dell’UE, a prescindere dall’adozione della moneta unica da parte di alcuni di questi, che compongono l'"Eurosistema". Fra gli altri compiti del Sistema sono annoverabili: Il SEBC (che quindi comprende al suo interno l'Eurosistema) ha anche il compito di fissare il tasso ufficiale di riferimento (TUR), ovvero il costo del denaro per le altre banche e per i clienti delle stesse. Struttura. Il SEBC non ha personalità giuridica necessaria per regolare le Banche centrali o la BCE, ma costituisce un accordo di coordinamento fra le stesse. La BCE rappresenta il vertice del SEBC. È gestita da due organi decisionali che compongono il Sistema: Per riassumere, il Consiglio Direttivo assume decisioni in campo di politica monetaria, il Comitato Esecutivo si occupa dell’attuazione delle decisioni e della gestione corrente della BCE, il Consiglio generale, sostanzialmente, cesserà di esistere quando tutti gli stati membri del UE avranno adottato l’euro come valuta. Mediante vari comitati, i rappresentanti delle banche centrali nazionali realizzano le funzioni del SEBC. I mandati dei Comitati sono definiti dal Consiglio Direttivo e le banche centrali nazionali posso svolgere, sotto la propria responsabilità, funzioni che non rientrano in quelle dell’Eurosistema, a meno che il Consiglio Direttivo non giudichi queste funzioni in contrasto con gli obiettivi e i compiti dello stesso. Le BCN assumono una grande importanza all’interno del SEBC per il principio di Decentramento Operativo, che trasferisce la responsabilità dell’attuazione della politica monetaria decisa dal comitato esecutivo della BCE alle stesse Banche Nazionali. La Banca d'Italia nel SEBC. La Banca d'Italia, in quanto Banca Centrale Nazionale di uno dei 27 stati facenti parte dell’UE e dei 20 membri dell’Eurosistema, è una delle componenti del SEBC. La Banca Centrale Italiana partecipa alla decisioni in ambito SEBC e si occupa di attuare a livello nazionale le decisioni prese dallo stesso. È responsabile della stampa delle banconote in euro, della gestione della circolazione e della lotta alla contraffazione. Svolge un ruolo all’interno del SEBC anche come autorità di vigilanza sulla stabilità complessiva di sistema bancario e sistema finanziario. Inoltre svolge una funzione gestione di un'eventuale crisi bancaria. Le ulteriori funzioni svolte dalla Banca all’interno del SEBC sono:
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Batizovce Bastizovce (in ungherese "Batizfalva", in tedesco "Botzdorf") è un comune della Slovacchia facente parte del distretto di Poprad, nella regione di Prešov. Il villaggio fu menzionato per la prima volta nel 1264.
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Gerlachov Gerlachov può riferirsi a diversi toponimi della Slovacchia:
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Campanula di Marchesetti
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1,706,708,677.138814
Gánovce Gánovce (in ungherese "Gánóc", in tedesco "Gansdorf") è un comune della Slovacchia facente parte del distretto di Poprad, nella regione di Prešov. Il villaggio fu menzionato per la prima volta nel 1317 con il nome di Gehansdorf. Il suo nome significa villaggio di "Jan" (Giovanni), e deriva da quello del cavaliere proveniente dalla Vallonia che lo fondò.
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1,706,708,677.138833
Gerlachov (Poprad) Gerlachov (in ungherese "Gerlahfalva", in tedesco "Gerlsdorf in der Zips") è un comune della Slovacchia facente parte del distretto di Poprad, nella regione di Prešov. Il suo nome significa "villaggio di Gerald (Gerardo)" e deriva da quello del nobiluomo che lo fondò.
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1,706,708,677.138852
Hozelec Hozelec (in ungherese "Ószelec", in tedesco "Hohesalz") è un comune della Slovacchia facente parte del distretto di Poprad, nella regione di Prešov. Il villaggio fu menzionato per la prima volta nel 1248.
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1,706,708,677.13887
Hôrka Hôrka (in ungherese "Lándszásõtfalu", in tedesco "Horke") è un comune della Slovacchia facente parte del distretto di Poprad, nella regione di Prešov. Il villaggio fu menzionato per la prima volta nel 1347.
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1,706,708,677.138888
Finocchio marino
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1,706,708,677.138904
Fraternità sacerdotale San Pietro La Fraternità sacerdotale San Pietro (in latino "Fraternitas sacerdotalis Sancti Petri") è una società clericale di vita apostolica di diritto pontificio: i membri della congregazione pospongono al loro nome la sigla F.S.S.P. Fu fondata il 18 luglio 1988 da alcuni chierici come società clericale di vita apostolica ed eretta con decreto della Commissione Pontificia “Ecclesia Dei” il 18 ottobre 1988. Fortemente legata alla tradizione liturgica latina, ma in comunione con la Chiesa Cattolica, la FSSP celebra e difende la Messa Tridentina. Stato canonico. Secondo il codice di diritto canonico, la FSSP è una "società clericale di vita apostolica di diritto pontificio". Contrariamente alla maggior parte delle società ecclesiastiche, non è un istituto di vita consacrata. I suoi membri prestano le stesse promesse di carità e obbedienza dei sacerdoti diocesani e, in più, prestano un giuramento come membri della Fraternità. Sono sacerdoti che non prendono i voti, ma che lavorano insieme per una comune missione nel mondo che ha due obiettivi: la formazione e santificazione dei preti per mezzo dell'esercizio pastorale, conformando in modo particolare la loro vita al Santissimo Sacrificio della messa con l'osservanza delle tradizioni liturgiche e disciplinari della forma extraordinaria del rito romano; l'assegnazione dei sacerdoti al servizio della Chiesa. Il diritto pontificio cui è sottoposta la Fraternità indica che essa è direttamente subordinata al papa (e non al vescovo locale), in principio tramite la pontificia commissione "Ecclesia Dei". Papa Francesco, il 19 gennaio 2019, con la "lettera apostolica in forma di Motu proprio circa la pontificia commissione "Ecclesia Dei"", ha soppresso la pontificia commissione "Ecclesia Dei" e ha disposto che i suoi compiti siano integralmente assegnati a una specifica Sezione (appositamente istituita) della Congregazione per la dottrina della fede. Il 16 luglio 2021, con il motu proprio "Traditionis custodes", lo stesso pontefice ha trasferito la competenza sulla fraternità dalla Congregazione per la dottrina della fede alla Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica. Carisma. La FSSP è composta da sacerdoti e seminaristi che intendono perseguire l'obiettivo della perfezione cristiana attraverso un carisma ben preciso. Essi, infatti, offrono la messa e amministrano i sacramenti secondo la forma extraordinaria del rito romano, in base al messale del 1962, riformato da papa Giovanni XXIII, l'ultimo edito prima della riforma liturgica del Concilio vaticano II. Ogni sacerdote della fraternità, seguendo questo carisma, celebra messe, amministra i sacramenti, catechizza, e organizza gruppi giovanili e pellegrinaggi. Fondazione. La fraternità è stata fondata su iniziativa di padre Josef Bisig, e con il beneplacito di papa Giovanni Paolo II, il 18 luglio 1988, nell'abbazia di Hauterive nei pressi di Friburgo in Svizzera, dall'unione di una dozzina di sacerdoti e una ventina di seminaristi; poco più tardi, su richiesta dell'allora cardinale Joseph Ratzinger, il vescovo di Augusta Josef Stimpfle concesse alla Fraternità una casa a Wigratzbad, un santuario della Beata Vergine Maria in Baviera, dove tutt'oggi ha sede il seminario europeo della fraternità. I sacerdoti fondatori appartenevano alla Fraternità sacerdotale San Pio X fondata dall'arcivescovo Marcel Lefebvre, e quando quest'ultimo decise di ordinare quattro vescovi senza l'autorizzazione papale incorrendo nella scomunica "latae sententiae" e nello stato di scisma, decisero di allontanarsene per restare pienamente nell'ambito della Chiesa cattolica. La nuova Fraternità venne inserita tra gli istituti religiosi sottoposti alla supervisione della pontificia commissione "Ecclesia Dei" creata da papa Giovanni Paolo II per il coordinamento delle associazioni di carattere tradizionale e l'organizzazione del culto nella forma extraordinaria del rito romano. Organizzazione. Seminari. La Fraternità San Pietro opera attualmente in due case internazionali di formazione: La Fraternità ha organizzato il suo corso di seminario in accordo con le linee guida della Chiesa sulla formazione dei sacerdoti, che include un anno di preparazione spirituale più intensa prima di entrare nei cicli di filosofia e teologia. Per favorire una vita bilanciata di preghiera, studio, vita di comunità e disciplina personale si incoraggia la maturità umana e l'acquisizione dello spirito del Vangelo insieme a Cristo. La vita spirituale delle Case è incentrata sul sacrificio della messa. Speciale attenzione è riservata alla fedele osservanza delle "tradizioni spirituali e liturgiche" in funzione delle disposizioni del motu proprio "Ecclesia Dei adflicta" del 2 luglio 1988 che è all'origine della fondazione della Fraternità. (Costituzione, art.8) Diffusione. La Fraternità sacerdotale San Pietro è strutturata in tre distretti (di Francia, germanofono e nord americano) e due regioni (del Belgio-Paesi Bassi e dell'Australia), a capo dei quali è un sacerdote col titolo di "superiore". Cappelle con clero appartenente alla fraternità sono presenti in 16 paesi: Australia, Austria, Belgio, Canada, Colombia, Francia, Germania, Italia, Messico, Nigeria, Nuova Zelanda, Paesi Bassi, Polonia, Regno Unito, Stati Uniti d'America e Svizzera. L'attuale superiore generale della FSSP è padre Andrzej Komorowski. Statistiche. La FSSP, al 31 dicembre 2020, contava 131 case e 511 membri (321 dei quali sacerdoti). La FSSP in Italia. Attualmente in Italia la Fraternità è presente a Roma, a Venezia e in Alto Adige. Roma. Papa Benedetto XVI, accogliendo la proposta del cardinale vicario Camillo Ruini, con decreto datato il giorno di Pasqua (23 marzo) 2008, ha eretto a parrocchia personale la chiesa della Santissima Trinità dei Pellegrini ai Catinari (piazza Trinità dei Pellegrini, 1 Roma), affidandola alla Fraternità sacerdotale San Pietro per assicurare un'adeguata assistenza religiosa all'intera comunità dei fedeli residenti nella diocesi di Roma che seguono la forma tridentina del rito romano. Fra le molte diocesi nelle quali serve la Fraternità, quello di Roma è il decimo apostolato ad essere riconosciuto come parrocchia personale, e il primo in Europa. Il reverendo Joseph Kramer, FSSP, è stato nominato primo parroco, primicerio dell'arciconfraternita e rettore della chiesa. La cerimonia della presa di possesso di padre Kramer, e la messa di apertura ufficiale della parrocchia hanno avuto luogo l'8 giugno 2008. Alla parrocchia e ai suoi parroci "pro tempore" sono riconosciuti gli stessi diritti di cui godono le altre parrocchie dell'Urbe e i loro parroci secondo il diritto comune; al contempo essa ha gli stessi obblighi e doveri delle altre, mentre per l'amministrazione e il sostentamento del parroco vengono osservate le norme promulgate dalla Conferenza episcopale italiana e dal vicariato di Roma. Nei locali annessi alla parrocchia, anche la Comunità di Sant'Egidio svolge alcune delle sue opere assistenziali, e l'antica Arciconfraternita della Santissima Trinità dei pellegrini e convalescenti ha ancora sede nella chiesa. Da settembre 2017 il ruolo di parroco è ricoperto da don Jean-Cyrille Sow, FSSP, già cappellano della Fraternità a Venezia per tre anni. Venezia. Il patriarca di Venezia cardinale Angelo Scola nel 2006 ha affidato alla Fraternità sacerdotale San Pietro la chiesa di San Simeon Piccolo, di fronte alla stazione ferroviaria, nominando don Konrad zu Löwenstein-Wertheim, FSSP, cappellano per i fedeli che seguono la liturgia secondo la messa tridentina. Il cappellano, a San Simon, celebra la messa quotidiana e festiva, confessa e tiene lezioni di dottrina cattolica. Dal 2014, don Jean-Cyrille Sow, FSSP, ha sostituito don Konrad come cappellano della chiesa. Il suo apostolato veneziano si è concluso nell'agosto 2017, quando don Sow è stato sostituito dal nuovo cappellano don Joseph Kramer. Il 6 marzo 2010, in occasione della visita pastorale, il cardinale Angelo Scola, patriarca di Venezia, ha assistito pontificalmente, presso questa chiesa, alla messa nella forma tridentina del Rito Romano celebrata da don Konrad. Nell"estate 2016, grazie ad un accordo stipulato con la Diocesi di Treviso, la Fraternità sacerdotale San Pietro fu incaricata per breve periodo anche della celebrazione della messa in forma tridentina che aveva luogo a cadenza mensile nella parrocchia di San Leopoldo Mandic a Mirano, popoloso comune dell'entroterra veneziano. La Messa è stata poi soppressa nella primavera 2018, per unilaterale decisione del vescovo di Treviso, Gianfranco Agostino Gardin. Il locale gruppo stabile ha deciso di non fare ricorso alla Pontificia Commissione Ecclesia Dei. Don Sow si recava mensilmente anche a Milano per officiare la messa presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore. Lo stesso incarico da settembre 2017 non è stato ripreso da don Kramer, in quanto la Messa alla Cattolica è stata sospesa dal rettore. Alto Adige. La fraternità è presente in Alto Adige fin dal 2015, quando il vescovo Ivo Muser incontrò i rappresentanti altoatesini della FSSP. Nel 2018 lo stesso vescovo accolse la proposta di estendere a tutte le domeniche la celebrazione della messa tridentina nella chiesa di Maria Ausiliatrice a Bressanone. A Bolzano, invece, la messa in forma tridentina viene officiata una volta al mese nella Chiesa dell'Ordine Teutonico. A guidare l'apostolato nella provincia autonoma di Bolzano fu all'inizio don Sven Conrad a cui successe nel 2019 don Bernward van der Linden.
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1,706,708,677.139003
Nereo e Achilleo Nereo e Achilleo (morti a Roma, probabilmente nella persecuzione dei cristiani sotto Diocleziano) furono due soldati romani convertiti al cristianesimo, venerati come santi martiri dalla Chiesa cattolica. Primo documento. Il papa Damaso I (366–384) mise nella tomba di Nereo e Achilleo un'iscrizione della quale due frammenti di rilievo sono stati trovati "in situ" da Giovanni Battista de Rossi nel 1874. Il testo completo dell'iscrizione era già noto, essendo stato conservato, con indicazione del luogo di appartenenza e dell'identità dei martiri, in diversi manoscritti dell'VIII secolo continenti copie fatte nel VII secolo. Un esempio è un manoscritto di Einsiedeln, che in una sezione intitolata "Inscriptiones Urbis Romae" dice che l'iscrizione si trovava "in sepulchro Nerei e Achillei" e riguardava "Nereus et Achilleus martyres". Il testo si trova pure in manoscritti di Heidelberg, Klosterneuburg e Gottwick. La scoperta nel 1874 dell'originale rese ancora più evidente chi erano i martiri elogiati da Damaso. Questo testo, in cui il pensiero e la terminologia dell'ultimo verso in latino ricordano un'iscrizione damasiana sulla conversione di san Paolo, celebra come simile miracolo brillante di conversione per la potenza di Cristo quella di Nereo e Achille, i quali dovevano essere soldati della guardia pretoria di Roma. Gli storici ritengono probabile che questi due santi sono stati uccisi nella persecuzione di Diocleziano, diretta inizialmente contro i cristiani dell'esercito (295-298) e poi contro la Chiesa cristiana in quanto tale (a partire dal 303). Leggenda. Una leggenda tardiva, presentata negli "Atti dei santi Nereo e Achilleo", (V o VI secolo), rappresenta Nereo e Achilleo non come soldati ma come eunuchi "cubicularii" (camerieri al servizio della camera da letto) della dama nobile Flavia Domitilla, descritta inizialmente come nipote dell'imperatore romano Domiziano (81–96) e più avanti nello stesso documento come nipote di un certo console Clemens, generalmente identificato come Tito Flavio Clemente (console 95), marito di una nipote dello stesso imperatore Domiziano chiamata Flavia Domitilla. In questa leggenda i due eunuchi convincono la loro padrona Domitilla, la quale sta per sposarsi, che è preferibile la verginità. Il fidanzato piantato ottiene dall'imperatore che Domitilla sia relegata ad un'isola per farle cambiare idea. 'I due eunuchi l'accompagnano all'isola, dove hanno una disputa con due discepoli di Simone Mago. Continuano a confermare Domitilla nel suo intento di verginità e perciò il fidanzato li fa trasferire a Terracina, torturare duramente e uccidere. Un loro discepolo ruba i loro corpi, e li seppellisce "nella tenuta suburbana di Domitilla nella cripta di arenaria ... sulla via Ardeatina ad un miglio e mezzo dalle mura della città nei pressi della tomba dove era stata sepolta Petronilla, la figlia dell'apostolo Pietro". Secondo Dennis Trout, si includono simili dettagli allo scopo di collegare il racconto ai martiri sepolti nelle tombe vicine, di aumentare la fiducia dei lettori nella raccomandazione della castità, e di convalidare l'autenticità della tomba di Nereo e Achille, una delle attrazioni principali, insieme a quella di Petronilla, per i visitatori alle catacombe di Domitilla. Questa leggenda è di almeno un secolo più recente del testo che san Damaso ha fatto incidere in marmo, la più antica testimonianza dell'esistenza e della professione dei martiri Nereo e Achilleo, come confermano Dennis Trout, J.H. Crehan, Everett Ferguson e Johann Peter Kirsch Martirologi. Si menzionano insieme Nereo e Achilleo, senza metterli in relazione con altri santi, nelle liste del V secolo dei martiri romani, nel Martyrologium Hieronymianum attribuito a san Gerolamo, nel Sacramentario gelasiano e negli itinerari utilizzati dai pellegrini del VII secolo in visita alle tombe dei martiri a Roma. Nel IX secolo Nereo e Achilleo vengono per la prima volta associati, come nella leggenda, con Flavia Domitilla: il martirologio di Adone di Vienne li chiama suoi eunuchi ("qui fuerunt eunuchi beatae Flaviae Domitillae"). Giovanni Battista de Rossi accenna alla "varietà. che corre tra il carme damasiano e la leggenda accettata da Adone e indi propagata nei posteriori martirologii". Infatti la menzione di Adone è stata copiata dal Martirologio di Usuardo e, attraverso di questo, dal Martirologio Romano di Cesare Baronio. Perciò Henri Quentin ha detto di Adone: "In quasi tutti i luoghi in cui la tradizione dei martirologi ha causato agli storici un serio imbarazzo incontriamo la mano di questo autore... Adone ha avuto sullo sviluppo della letteratura martirologica un incresciosissimo influsso". Prima della revisione del 2001, il Martirologio Romano diceva: "A Roma nella via Ardeatina i santi Martiri Nereo ed Achilleo fratelli; i quali prima con Flavia Domitilla (di cui eran Eunuchi) essendo stati lungamente confinati nell'Isola Ponza, di poi furono con molte battiture afflitti; finalmente con l'eculeo e le fiamme violentati da Minuzio Rufo Consolare a sacrificare agl'Idoli, e rispondendo essi di esser stati battezzati da San Pietro Apostolo, e perciò di non poter sacrificare agl'Idoli, furono decapitati". Il decreto di promulgazione dell'edizione 2001 del Martirologio Romano dice: "Secondo quanto disposto dalla costituzione "Sacrosanctum Concilium" del Concilio ecumenico Vaticano II sulla sacra liturgia, affinché “le passioni o vite dei santi siano riportate alla fedeltà storica” (art. 92 c), è necessario sottoporre al giudizio della disciplina storica e trattare con più diligenza rispetto al passato sia i nomi dei santi iscritti nel Martirologio sia i loro elogi". Così, questa edizione non presta agli "Atti dei santi Nereo e Achilleo" alcuna attenzione e fornisce su questi martiri informazioni basate solo sull'iscrizione di Damaso incisa su marmo: "Santi Nereo e Achílleo, martiri, che, come riferisce il papa san Damaso, si erano arruolati come soldati e, spinti da timore, erano pronti ad obbedire agli empi comandi del magistrato, ma, convertitisi al vero Dio, gettati via scudi, armature e lance, lasciarono l'accampamento e, confessando la fede in Cristo, godettero del suo trionfo. In questo giorno a Roma i loro corpi furono deposti nel cimitero di Domitilla sulla via Ardeatina". Basilica dei santi Nereo e Achilleo. Nel 1874, Giovanni Battista de Rossi ha portato alla luce nelle Catacombe di Domitilla una basilica semi-interrata dedicata a questi santi con tre navate, abside e nartece. Questa basilica semi-interrata è stata preceduta da due fasi strutturali sotterranee, che non sono state scavate fino ad ora. La data della basilica è contestata: Pergola (1982) attribuisce la costruzione di Papa Damaso; De Rossi (1874) allo stesso IV secolo, ma dopo la morte di Damaso, Krautheimer (1967) e Tolotti (1985) a circa l'anno 600. Nel XXI secolo si verifica un crescente consenso per il V secolo o più tardi. Gli scavi del 1874 hanno scoperto due frammenti dell'iscrizione di Damaso, che conferma l'esistenza dei due santi e la loro professione militare. Hanno inoltre rilevato una colonna di marmo, che serviva per sostenere il ciborio dell'altare della basilica, e che porta la scritta "Acileus" e un bassorilievo raffigurante un uomo con le mani legate dietro la schiena, e dietro di lui un soldato che sta per decapitarlo. Un'altra colonna, trovata rotta, deve aver avuto il nome "Nereus": ne rimane una piccola sezione che mostra i piedi dei due personaggi di una scena simile. Il "Liber Pontificalis" informa che il papa Giovanni I (523-526) ha riparato il "cimitero dei beati martiri Nereo e Achilleo", ma non è chiaro se questo lavoro riguardava la basilica scoperta nel 1874. La basilica certamente esisteva intorno all'anno 600, quando il papa Gregorio I ha predicato in essa la sua omelia 28. Storia successiva. Nell'VIII secolo, in una situazione di insicurezza testimoniata dall'assedio longobardo di Roma nel 756, le reliquie di molti martiri sono state trasferite dalle catacombe a delle chiese all'interno delle mura della città. De Rossi ritiene che le reliquie dei santi Nereo e Achilleo probabilmente sono rimaste nelle catacombe, ma Northcote e Brownlaw considerano più probabile che anche queste famose relíquie sono state portate dentro la città. Non si può escludere la possibilità che le reliquie siano state trasferite alla chiesa dedicata ai due martire prima della fine del VI secolo o, più probabilmente, quando questa chiesa è stata ricostruita dal papa Leone III nel 814. Nel 1215, sono state depositate nella chiesa Sant'Adriano al Foro (la Curia Iulia) nel Foro Romano delle reliquie di ignota provenienza che sarebbero di Nereo e Achilleo. Nel 1597, queste reliquie, insieme a quelle che sarebbero le reliquie di Flavia Domitilla, sono state trasportate con la massima solennità da questa chiesa alla chiesa dei Santi Nereo e Achilleo, allora il titolo cardinalizio di Cesare Baronio, che credeva nella leggenda degli "Atti dei santi Nereo e Achilleo" e che era il primo ad affermare che c'erano due Domitille esiliate da Domiziano, una la moglie e l'altra la nipote di Flavio Clemente. Naturalmente, è possibile che le reliquie siano state asportate quando a una data sconosciuta la basilica è stata spogliata sistematicamente (forse a beneficio di una chiesa di nuova costruzione) dell'altare, dei banchi del clero, degli amboni, del pavimento. La causa della distruzione finale della basilica dev'essere il terremoto dell'897, che ha anche danneggiato gravemente la Basilica di San Giovanni in Laterano, cattedrale della diocesi di Roma. Le colonne della basilica dei due santi martiri sono state rovesciate e da allora giacevano parallele tra loro fino alla scoperta del 1874. Oggi, la basilica è ancora una volta una chiesa funzionante con spazio per 500 fedeli. Nella parete di fronte all'abside è posta la restaurata inscrizione di Damaso, e le colonne cadute somo state rimesse in posizione verticale. È stato in questa basilica che, poco prima della chiusura del Concilio Vaticano II, un gruppo di vescovi cattolici hanno firmato quello che si chiama il Patto delle catacombe, impegnandosi ad adottare uno stile di vita semplice e di servizio dei poveri. Festa. Fin dall'inizio, la festa dei santi Nereo e Achilleo è il 12 maggio. Già prima del Calendario romano tridentino del 1570 si celebrava insieme ad essi san Pancrazio. Il nome di Flavia Domitilla (la cui festa propria è il 7 maggio), è stato aggiunto nel 1595 su richiesta del cardinale Cesare Baronio, ma è stato rimosso nel 1969 perché non appartenente all'antica tradizione romana. Dal 1969 i Santi Nereo e Achilleo hanno nell'attuale Calendario romano generale una memoria facoltativa distinta da quella di san Pancrazio.
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Belmullet
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Solidago virga aurea
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Allegoria del trionfo di Venere L'Allegoria del trionfo di Venere è un dipinto a olio su tavola (146x116 cm) di Agnolo Bronzino, databile tra il 1540 e il 1545 circa e conservato dal 1860 alla National Gallery di Londra. È considerato uno tra i più raffinati capolavori del primo manierismo italiano. Storia. Il dipinto venne inviato come regalo di Cosimo I de' Medici al re Francesco I di Francia, ed era quindi innanzitutto un oggetto politico: il neonato Ducato di Firenze era in cerca di alleanze strategiche per non finire fagocitato dal grande impero di Carlo V (come era avvenuto per il Ducato di Milano). Per questo cercava di ingraziarsi la Francia inviando preziosi doni come questo; per allearsi con la Spagna, invece, Cosimo I sposò Eleonora di Toledo, figlia del viceré di Napoli Pietro di Toledo; per ingraziarsi papa Pio V, infine, consegnò allo Stato Pontificio Pietro Carnesecchi, un suo amico intimo accusato di eresia, che finì per questo bruciato sul rogo a Roma. Il dipinto fu trasportato da Parigi a Vienna nel 1813 da Napoleone; rimasto nella capitale austriaca dopo la caduta di Napoleone, pervenne alla National Gallery entro il 1860. La sensualità erotica del dipinto, ben gradita alla corte medicea e a quella francese del '500, nell'800 invece destava imbarazzo: per questo il pube di Venere fu coperto da un panno giallo e le natiche di Cupido da un ramo di mirto, rimossi solo successivamente durante un restauro novecentesco eseguito con ottimi risultati. Descrizione. Essendo un quadro prodotto da una "élite" a beneficio di un'altra "élite", il soggetto, suggerito sicuramente da qualche personaggio erudito della corte medicea, è estremamente complesso e dà la possibilità, alla mano di Bronzino, di realizzare uno dei capolavori più famosi del manierismo in auge all'epoca. Lo stile è molto sensuale ma anche freddo, quasi marmoreo, sublimemente idealizzato. La tela presenta più livelli di lettura. Il soggetto in generale è quasi sicuramente un'allegoria dell'amore sensuale, del sesso. Venere in primo piano (identificata dal pomo d'oro del giudizio di Paride e dalle due colombe in basso), bacia sensualmente il figlio Cupido, il quale, mostrando vistosamente la sua nudità attraverso le natiche, le solletica un capezzolo. Più complessa è l'interpretazione delle figure sul retro. Il putto con i campanelli alla caviglia, che sparge petali di rosa, ben illuminato sulla destra, simboleggia il riflesso più immediato del piacere carnale, la Gioia; ma, al contempo, si è ferito i piedi a causa delle spine. Dietro di esso una fanciulla appena in ombra si presenta con un grazioso volto, ma è una figura molto ambigua: la sua natura ingannatrice è testimoniata dall'inversione della mano destra, che sostiene un aculeo di scorpione, con quella sinistra, che invece sostiene un favo di miele, e dal corpo di serpente con zampe da leone, appena visibile in basso; è infatti l'Inganno; dopotutto anche Venere e Cupido si stanno ingannando a vicenda: lei sta rubando una freccia dalla sua faretra, lui le sta sfilando il diadema di perle. Le stesse maschere da teatro, forse un satiro e una ninfa, presenti in basso a destra sono un simbolo della realtà celata dagli inganni. Sul lato opposto le due figure grottesche sono la Disperazione e la Follia o la Malattia (in basso), che sono le conseguenze di medio e lungo periodo dell'amore sensuale. Infine un vecchio con le ali e una clessidra in alto a destra scosta un pesante velo che scopre la scena: è il Tempo accompagnato dalla Verità (in alto a sinistra), che svela; infatti l'altro titolo del dipinto, e forse quello più azzeccato, è proprio la "Lussuria smascherata".
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Basilica di San Pietro di Castello La basilica di San Pietro di Castello è un importante luogo di culto di Venezia, fino al 1807 cattedrale del patriarcato di Venezia; è situata all'estremità nord-orientale della città di Venezia, nel sestiere di Castello, non lontano dai bacini dell'Arsenale. La chiesa ha la dignità di basilica minore e fa parte dell'associazione Chorus Venezia. Storia. Come riferito dal cronista Giovanni diacono, la chiesa di San Pietro fu iniziata all'incirca ai tempi della cacciata del patriarca di Grado Fortunato, mentre la consacrazione avvenne nove anni dopo, nel periodo in cui fu ucciso il doge Obelerio; quindi, essa dovrebbe essere stata edificata a partire dall'822-823 e conclusa verso l'831-832. La testimonianza è in parte confermata dal testamento di Orso, vescovo di Olivolo dall'822, il quale afferma che fu lui a gettare le fondamenta dell'edificio. Questo significa che la diocesi di Olivolo, fondata nel 775-776, ebbe in origine un'altra cattedrale. Potrebbero avere un fondo di verità quelle tradizioni che vorrebbero San Pietro fondata nel VII secolo e inizialmente consacrata ai santi Sergio e Bacco. Questo farebbe pensare all'esistenza di una chiesa più antica in luogo della quale, nella prima metà del IX secolo, fu costruita l'attuale. Altri studiosi hanno teorizzato che la prima cattedrale di Olivolo fosse la chiesa di San Teodoro, l'attuale basilica di San Marco. Del primitivo edificio non resta nulla, se si eccettua un lacerto di mosaico, conservato nella cappella Lando. Nel 1120 un incendio devastò la chiesa; la nuova struttura, riportata fedelmente sulla pianta di Jacopo de' Barbari del Cinquecento, assunse una dimensione più maestosa, con attiguo un battistero, intitolato a San Giovanni Battista, ora andato perduto. Nel 1451, con la soppressione del Patriarcato di Grado e la costituzione della Diocesi di Castello a Patriarcato di Venezia (bolla di Papa Niccolò V), la basilica di San Pietro divenne la nuova cattedrale patriarcale. Fu il patriarca Antonio Contarini a decidere di effettuare lavori di restauro dal 1508 al 1524 sul soffitto, le volte e il pavimento. Fra il 1512 e il 1526 furono ricostruite le cappelle minori e furono rifatti gli arredi e le decorazioni. Nel 1556, divenuto patriarca di Venezia, Antonio Diedo stipulò il 7 gennaio 1558 un contratto con Andrea Palladio, il quale però si ritirò nel 1559, alla morte del Diedo; questo sarebbe stato il suo primo intervento a Venezia. Al prestigioso incarico, non portato a termine, Palladio era giunto probabilmente grazie a Daniele e Marcantonio Barbaro, che risultano garanti del contratto con i muratori nel gennaio del 1558. I lavori ripresero nel 1596 sotto la direzione di Francesco Smeraldi, incaricato dal patriarca Lorenzo Priuli, al quale si deve la realizzazione della facciata. Dal 1619 Gerolamo Grapiglia cura la realizzazione degli interni, sotto il patriarcato di Giovanni Tiepolo. Dal 1630 alla caduta della Repubblica, la Serenissima Signoria svolgeva un annuale pellegrinaggio nella basilica, l'8 gennaio, per celebrare la liberazione della città dalla peste. Con la caduta della Repubblica di Venezia ed il venir meno della funzione della basilica di San Marco come chiesa di Stato, sottoposta all'autorità di un primicerio ducale, nel 1807, per volere di Napoleone, la sede patriarcale venne trasferita a San Marco. Contestualmente il capitolo canonicale di San Pietro di Castello venne unito a quello palatino di San Marco. Lo "status" canonico della basilica cattedrale ("rectius" patriarcale) e della basilica di san Pietro di Castello è regolato dalla bolla di Pio VII "Ecclesias Quae", datata 24 settembre 1821. Trasferita definitivamente la cattedralità a San Marco, a San Pietro è stata concessa la dignità di basilica minore "ad instar basilicarum minorum almae Urbis" e il relativo parroco ha ottenuto il titolo di arciprete; inoltre l'arciprete è, "durante munere", canonico della basilica Cattedrale di San Marco. Con la traslazione della sede, il monastero attiguo alla basilica di San Pietro venne trasformato in polveriera per ordine di Eugenio di Beauharnais, viceré d'Italia. Durante la prima guerra mondiale la cupola è stata colpita due volte da bombe incendiarie che hanno causato la distruzione della lanterna. Descrizione. Architettura. La pianta attuale si può far risalire al 1120 quando un incendio devastò la precedente chiesa dell'841. La struttura aveva tre navate, la facciata tripartita e le absidi circolari. Al suo fianco sorgeva il battistero di San Giovanni Battista, ormai perduto. La facciata attuale non riprende esattamente il progetto iniziale di Andrea Palladio del 1568, ma è fedele alle sue linee essenziali. Si nota un impianto tripartito, con la parte centrale rialzata, poggiata su quattro semicolonne si trovano basamenti che terminano in un timpano. Il tema fondamentale prevede un ordine maggiore corrispondente alla navata centrale, ed uno minore in relazione a quelle laterali. Il tutto è ornato da un bassorilievo ottocentesco raffigurante "La Carità", dello scultore Marsili. Lo stile può essere definito classico. L'edificio vede uno schema a croce latina a tre navate suddivise da tre arcate l'una, con al loro interno un altare; all'incrocio col transetto si trova la cupola. Al profondo presbiterio, che segue la grande navata centrale della chiesa, si affiancano due cappelle laterali. È del 1646 il grande altare maggiore nel quale sono conservate le spoglie di San Lorenzo Giustiniani, primo Patriarca di Venezia. Fu opera di Clemente Molli, a cui fu dato il compito di scolpire anche alcune statue in esso presenti, su disegno di Baldassarre Longhena, che progettò anche la cappella dedicata al cardinale Francesco Vendramin, sulla navata sinistra. Opere d'arte. La Cattedra di San Pietro, che secondo la tradizione è appartenuta allo stesso Apostolo quando era vescovo di Antiochia, si racconta fosse stata donata al Doge Pietro Tradonico dall'Imperatore d'Oriente Michele III, in realtà è costruita da uno schienale ricavato da un'antica stele funeraria islamica, recanti motivi decorativi arabi e incisioni in cufico di versetti del "Corano": la Sura III, vv. 192-194 "O Signore! Dacci quel che ci promettesti, per bocca dei Tuoi Angeli, e non ci svergognare nel giorno della risurrezione" e la Sura XXIII, v. 118 "E Tu perdona! Sii misericordioso! Tu sei tra il migliore tra i pietosi!" Nella navata destra "San Pietro in Cattedra e quattro Santi" di Marco Basaiti, XVI secolo. Nella navata sinistra la "cappella Vendramin", dedicata a Nostra Signora del Carmine contiene bassorilievi di Michele Ungaro, 1675 e ospita la pala d'altare di Luca Giordano 1650 della "Madonna col Bambino e anime del Purgatorio". Sempre nella navata sinistra si trova la "cappella Lando", con una pala a mosaico di Arminio Zuccato, su cartone forse di Jacopo Tintoretto, 1570. Tra le due cappelle l'opera del Veronese del 1585 circa, i "Santi Giovanni Evangelista, Pietro e Paolo", l"'Immacolata" di Giovanni Maria Morlaiter, XVIII secolo, e "Il Martirio di san Giovanni Evangelista", del Padovanino. Fra dipinti maggiori presenti nella basilica, possiamo identificare la "Cena di Emmaus" di Pietro Malombra e Antonio Vassilacchi, sulla parete di sinistra del portale. Mentre a destra, di Jacopo Beltrame, XVI secolo, "Cena in Casa di Simone", due statue di Orazio Marinali, "Fede" e "Meditazione" che attorniano il "Crocifisso" di Jacopo Strada, XVIII secolo. "San Giorgio e la principessa e il Drago", lavoro di Marco Basaiti; dal 1985 è in deposito presso le Gallerie dell'Accademia. Nella cappella a destra dell'altar maggiore si può ammirare il grande affresco di Pietro Ricchi (detto il Lucchese) "L'adorazione dei Magi (1658)." Organo a canne. Sulla cantoria, alle spalle dell'altare maggiore, vi è l'organo a canne Nachini "opus 276", costruito nel 1754 e restaurato da Pietro Bazzani nel 1898. Lo strumento, a trasmissione integralmente meccanica, ha un'unica tastiera di 57 note con prima ottava scavezza ed una pedaliera a leggio di 18 note (la 18° corrisponde al "Tamburo"), costantemente unita al manuale e con prima ottava scavezza. La cassa lignea barocca, è dipinta a finto marmo e presenta delle decorazioni a rilievo in legno dorato. Al centro, la mostra, composta da 25 canne di principale con bocche "a scudo" allineate orizzontalmente, disposte in cuspide unica con ali laterali. Campanile. Il campanile iniziato nel 1463, venne danneggiato da un fulmine, e ricostruito nel 1482 ad opera di Mauro Codussi, in pietra d'Istria a vista. La cupola sulla sommità, in legno rivestito di lastre di piombo e ornata da una piccola lanterna, venne demolita e rifatta nel 1670, il 17 ottobre 1822, colpita da un fulmine, venne definitivamente distrutta. Data la pendenza del campanile, le campane suonano a battaglio cadente. Ne ospita 5, di cui le 2 grosse fuse dai Fratelli De Poli di Ceneda (TV) nel 1870 e le 3 piccole da Domenico Dalla Venezia nel 1825: I: Re3 calante II: Mib3 crescente III: Fa3 IV: Sol3 calante V: Lab3
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Poprad Poprad (in ungherese "Poprád", in tedesco "Deutschendorf") è una città della Slovacchia, capoluogo del distretto omonimo, nella regione di Prešov, ai piedi degli Alti Tatra. La città possiede un centro storico, un aeroporto internazionale ed è uno dei capolinea della Tatranská elektrická železnica (Ferrovia elettrica dei Tatra) — composta da speciali treni a scartamento ridotto che collegano i luoghi di villeggiatura degli Alti Tatra tra loro e con Poprad. I treni delle principali linee collegano Poprad con altre destinazioni, sia in Slovacchia sia all'estero; in particolare, effettuano il servizio verso Praga, in Repubblica Ceca. Nell'estate 2006 furono investite grandi somme di denaro nella costruzione di nuovi itinerari e nella creazione di nuovi parchi. Storia. Storicamente, il territorio occupato dagli insediamenti slovacchi fu colonizzato nel XIII secolo da tedeschi e divenne un villaggio abitato prevalentemente da tedeschi. Dal 1412 al 1770, come le altre città di Spiš, Poprad fu ceduta dal Regno d'Ungheria (a cui la Slovacchia appartenne dall'XI secolo al 1918) al Regno di Polonia, che diventò il principale responsabile dello sviluppo dell'area. Poprad, le cui prime menzioni scritte risalgono al 1256, fu per 690 anni (fino al 1946) solo una delle città minori della nazione. Le altre parti dell'attuale area cittadina sono "Matejovce" ("Matzdorf") (primo documento scritto 1251), "Spišská Sobota" (1256), "Veľká" ("Oberwarth") (1268), e "Stráže pod Tatrami" ("Michelsdorf") (1276). La più importante di queste cittadine originarie era Spišská Sobota ("Georgenberg"), che preservò la sua posizione dominante fino alla fine del XIX secolo. Nel 1999 Poprad partecipò alla corsa per l'aggiudicazione dei XX Giochi olimpici invernali da tenersi nel 2006, ma perse contro Torino. Società. Evoluzione demografica. Secondo il censimento del 2001, il 94,1% degli abitanti erano slovacchi, il 2,1% rom, l'1% cechi, lo 0,2% ungheresi, lo 0,2% tedeschi, lo 0,1% ruteni, lo 0,1% ucraini e lo 0,1% polacchi. La composizione religiosa era per il 65,9% rappresentata da cattolici, il 16,8% con nessuna religione particolare e il 7,3% luterani Divisione territoriale. La città è divisa in sei parti, per una divisione dell'amministrazione municipale:
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Isomeri
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Diana e Atteone Diana e Atteone è un dipinto a olio su tela (185x202 cm) realizzato tra il 1556 e il 1559 dal pittore italiano Tiziano. È conservato nella National Gallery of Scotland ad Edimburgo e nella National Gallery di Londra. Il quadro fa parte di una serie di sette tele raffiguranti scene mitologiche tratte dalle "Metamorfosi" di Ovidio dipinte per Filippo II di Spagna. In questa opera, è raffigurato il momento in cui Atteone vede la nudità di Diana, episodio che provocherà la tremenda vendetta della dea. Il quadro rimase nella collezione reale spagnola fino al 1704, quando venne regalato da Filippo V all'ambasciatore francese. I duchi d'Orléans presto lo acquistarono per la loro prestigiosa collezione, che tennero fino al 1791, quando la cedettero a un mercante di Bruxelles durante gli eventi della Rivoluzione francese. Dopo alcuni altri rapidi passaggi di proprietà, parte dei dipinti fu esposta a Londra. Gran parte della collezione, comprendente Diana e Atteone, venne comperata nel 1798 da lord Francis Egerton, terzo duca di Bridgewater, dal quale passò in eredità ai duchi di Sutherland. Ad essi rimase in proprietà fino al 2009; dal 1946, però, era stato dato in prestito alla National Gallery of Scotland. Nel 2009 il settimo duca di Sutherland vendette il dipinto, a circa un terzo del prezzo di mercato, alla National Gallery of Scotland e alla National Gallery di Londra, presso le quali è ora esposto, alternativamente, per cinque anni.
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La barca durante l'inondazione a Port-Marly La barca durante l'inondazione a Port-Marly ("La barque pendant l'inondation, Port-Marly") è un dipinto del pittore inglese Alfred Sisley, realizzato nel 1876 e conservato presso il museo d'Orsay di Parigi. Descrizione. Nel 1874 Sisley si ritirò a Marly-le-Roi, pittoresco villaggio sulle rive della Senna dove visse una delle fasi più intense della sua vicenda pittorica. Nella primavera del 1874 proprio Marly fu falcidiata da un devastante nubifragio, a causa del quale i flutti della Senna ruppero gli argini e inghiottirono l'intero villaggio. Sisley, pittore vivamente interessato al "plein air", non se lo fece ripetere due volte e subito fissò il ricordo di questa calamità naturale in sei dipinti: notevoli le versioni oggi esposte al museo di Belle Arti di Rouen e al museo d'Orsay di Parigi. Questa seconda è più famosa rispetto alla prima e perciò di essa tratteremo: d'altra parte le due opere differiscono solo per pochi, ininfluenti particolari. Sisley, seguendo la lezione di Daubigny e di Corot, in quest'opera incentra il suo interesse sul trattamento atmosferico del cielo e degli specchi d’acqua. Il vero protagonista de "L'inondazione a Port-Marly", infatti, è proprio l'acqua, che non più contenuta dagli argini della Senna ora occupa le strade: si tratta di uno scenario senza dubbio inconsueto, e dove prima passeggiavano gli abitanti di Marly ora sono ormeggiate alcune barche. Sopra di esse vi sono alcuni uomini che, dopo lo scampato pericolo, cercano di tornare lentamente alla vita e alle normali abitudini. La presenza di queste esili figure nere sulle imbarcazioni rammentano all'osservatore di stare davanti a uno scenario di vita quotidiana scosso da «un'invasione devastatrice e l'irresistibile sostituzione temporanea di un'espressione nuova, imprevista, enigmatica, inquietante, all'aspetto conosciuto, consueto, familiare, delle cose» (Paul Jamot). Ma torniamo a parlare dello specchio d'acqua: se notoriamente le acque esondate dai fiumi sono fangose e mezze imputridite, Sisley le fa invece vibrare da una fantasmagoria di riflessi colorati. Si perde dunque ogni contingenza con il reale: il pittore non vive la catastrofe naturale in tutta la sua potente drammaticità, bensì la considera alla stregua di un mero pretesto pittorico. Un artista romantico, ad esempio, avrebbe rappresentato l'inondazione a Port-Marly nella sua fenomenologia più ruggente e soverchiatrice: Sisley, invece, preferisce rimandare a un ideale di tranquillità e di calma sospesa. Questa poetica pacatezza viene accentuata dalla compenetrazione tra l'elemento celeste e quello acquatico, che sembrano fondersi in un precario equilibrio tra la realtà e l'immaginazione. L'abbondante massa d'acqua, inoltre, è leggermente increspata dal vento ed è solcata da mutevoli iridescenze azzurre, rosa e gialle. «C'era nella sua pittura più fascino che energia» avrebbe scritto Mirbeau di Sisley nel 1892 «una grazia innata, qualcosa di riservato, attraente, non esibito, la cui finezza era viva, dava all'inespresso una poesia talora squisita». L'edificio a sinistra, rappresentante la casa di un mercante di vino, è stato dipinto in un angolo per lasciare spazio al cielo che viene dipinto con il celeste e il bianco per rappresentare la presenza delle nuvole. infine, troviamo una cortina di alberi, la quale agisce come elemento di raccordo tra l'acqua in primo piano e il fondale atmosferico, ingombro di vaporosi stratocumuli bianchi (che, nel caso della versione di Rouen, diventano rabbiose nuvolaglie gravide di tempesta). Dal punto di vista tecnico, invece, Sisley orchestra un'armoniosa sinfonia di grigi, azzurri, rosa, gialli e pallidi bruni: talvolta egli non esita a diluire questi colori, così da esaltare la trasparenza dell'acqua e da inondare l'intera composizione di una luminosità diffusa, nonostante il tempo tutt'altro che soleggiato. Alla massiccia mole dell'edificio di sinistra, inoltre, Sisley contrappone la fluida libertà dell'acqua, elemento fluttuante e in continuo divenire. Il colore, infine, viene depositato sulla tela con pennellate a tocchi brevi e orizzontali.
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Arctostaphylos uva ursi
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Hasan Sabah
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Sant'Achilleo
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Fyborg
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Sant'Achilleo (disambigua) Sant'Achilleo può riferirsi a più santi:
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2º Stormo Il 2º Stormo, prima denominato 2º Stormo Caccia, è uno stormo dell'Aeronautica Militare e dal 1º luglio 2007 svolge il ruolo di polo missilistico di riferimento per la difesa aerea nazionale. Dipende dal Comando delle Forze da Combattimento di Milano e oggi ha sede presso l'aeroporto di Rivolto nel comune di Codroipo, in provincia di Udine. Lo stormo, intitolato alla memoria del capitano pilota Mario D'Agostini, ha alle sue dipendenze il Gruppo Missili e l’80º Gruppo OCU, che si occupa dell’addestramento ed abilitazione del personale di categoria Difesa Aerea Missilistica sul sistema d’arma SPADA e dal 2020 rappresenta un punto di riferimento all’interno della Forza Armata come polo missilistico, con l’introduzione del nuovo sistema d’arma SIRIUS e l’evoluzione dal Sirius verso il MAADS. Storia. Lo stormo caccia. Il 2º Stormo Caccia Terrestre venne costituito sulla sede della Caserma La Marmora a Torino il giorno di Natale del 1925, assemblando il 7º Gruppo Autonomo Caccia Terrestre (dal campo di Ciampino con la 76ª Squadriglia caccia, 84ª Squadriglia, 86ª e 91ª Squadriglia su Fiat C.R.1 e Nieuport 29), l'8º Gruppo di Volo (dal Mirafiori (campo di volo) con la 92ª, 93ª, 94ª e 95ª su Ni 29 ed Ansaldo AC.2) ed il 13º Gruppo caccia (dall'Aeroporto di Venaria Reale con la 77ª Squadriglia aeroplani, 78ª Squadriglia Caccia, 82ª Squadriglia e 85ª Squadriglia su SPAD S.XIII e CR 1). A far parte dello stormo furono chiamate squadriglie con gloriose tradizioni alle spalle, quali la 91ª di Francesco Baracca, di Fulco Ruffo di Calabria e di Ferruccio Ranza (comandante di Stormo dal 1927), la 77ª di Pier Ruggero Piccio e di Giannino Ancillotto e la 78ª di Guido Nardini ed Amedeo Mecozzi. Il 10 gennaio 1926 lo stormo conta su un organico di 405 uomini. Il 10 gennaio 1927 il VII Gruppo esce dallo Stormo diventando autonomo, sostituito dal 23º Gruppo di Cinisello Balsamo con la 74ª Squadriglia, 75ª Squadriglia caccia e 79ª Squadriglia con i Ni 29 e dalla 83ª Squadriglia con i CR 1, ed in maggio i Nieuport vennero sostituiti dagli Ansaldo AC 3. Dal 1928 al 1929 lo stormo è comandato da Pietro Pinna Parpaglia ed dall'ottobre 1929 è comandato da Mario Ajmone Cat. Dal 1929 il 7º ed il 23º Gruppo adottarono i nuovi Fiat C.R.20. Il 19 novembre 1929 il 13° va Mirafiori seguito nel 1930 dallo Stormo. Il 15 gennaio 1931 lo stormo perde il 23º Gruppo oltre alla 85ª Squadriglia del 13º Gruppo ed alla 95ª dell'8º Gruppo. Tra il maggio 1934 e l'agosto 1935 lo stormo fu comandato Vittorio Marchesi. Nel giugno del 1934 inizia il transito sui Fiat C.R.30, sui quali, nel mese di settembre 1935 per la Guerra d'Etiopia, si giungeva al rischieramento dell'8º Gruppo e di una parte del 13º Gruppo sull'aeroporto di El-Adem (poi Base aerea Gamal Abd el-Nasser). Nel dicembre successivo l'intero reparto andava all'Aeroporto di Berca. Il 24 Maggio del 1936 anche lo Stormo ed la parte restante del 13º Gruppo partivano da Napoli sul piroscafo "Città di Trieste" e arrivavano il 27 all'Aeroporto di Benina, raggiungendo l'8º Gruppo. Nel 1938 allo Stormo arrivano i Breda Ba.65 da assalto e nella primavera del 1939 i Fiat C.R.32 al posto dei Breda 65. Il 9 agosto 1939 va a Castel Benito nell'Aeroporto di Tripoli. Allo scoppio della seconda guerra mondiale, lo stormo è in Africa settentrionale (nell'Aeronautica della Libia - Ovest), con il 13º Gruppo a Castel Benito sui primi C.R.42 e l'8º Gruppo sui C.R.32 all'Aeroporto di Tobruch nella 14ª Brigata Aerea "Rex" (nell'Aeronautica della Libia - Est). Lo Stormo, comandato dal Colonnello Angelo Federici, era dotato di 45 CR 32 e 35 CR 42, con 73 piloti, 147 specialisti e 124 avieri. Seconda guerra mondiale. 1940. L'11 giugno 1940 una formazione di Bristol Blenheim e Gloster Gladiator inglesi attaccava il campo T3 di Tobruk, ma i lenti caccia dell'8° non riuscirono a raggiungerli. Nello stesso mese il reparto operò ottenendo dei successi (9 Blenheim abbattuti, un idro Short S.25 Sunderland e 3 Gladiator). A metà giugno erano state trasferite sul campo T2 di Tobruch la 77ª e la 82ª Squadriglia, del 13º Gruppo mentre la 78ª restava a Buka. Alla fine di giugno l'8° cedeva i rimanenti CR 32 e il 1º luglio riceveva altri CR 42. All'inizio di luglio il 13º Gruppo si schierava con 18 CR 42 sul campo T3. Il 9 agosto lo stormo avevano solamente 6 aerei operativi fino all'arrivo nello stesso mese dei motori con gli apparati antisabbia. Il 4 settembre lo Stormo attacca una formazione di Blenheim in volo sulla Marmarica abbattendone 2. Quindi il reparto si fraziona con le squadriglie disposte all'Aeroporto di Martuba, al T4 di Tobruch, al T2 e a Sidi Hamed el Magrum (80 km a sud di Bengasi), l'8º Gruppo, ad Uadi Tamet (ad ovest di Sirte) ed Monaster ed il 13° all'Aeroporto militare di Gambut. Al 15 settembre lo stormo disponeva di 56 CR 42 operativi ed il 25 settembre avviene uno scontro tra 3 CR 42 e 6 bombardieri inglesi. Gli italiani attaccarono la seconda pattuglia della formazione riuscendo ad abbatterne 2. L'11 dicembre l'8º Gruppo rimase con un solo velivolo operativo, cedendolo al 13º Gruppo che, con gli aerei efficienti rimasti, va a Bengasi. Successivamente anche questo reparto, con pochi velivoli operativi, ripiega su Tobruk, mentre gli aerei inefficienti rimasero sull'Aeroporto di Benina. Il 20 dicembre i primi aerei dello Stormo iniziavano a tornare in Italia. Per i primi sei mesi di operazioni vengono effettuate 2403 missioni, abbattendo 45 velivoli nemici e perdendone 13, mentre perdono la vita dieci piloti. Per l'operazione venne conferita una medaglia d'argento al valor militare. Il reparto viene rischierato in Italia alla fine del 1940 per la difesa delle principali città del settentrione e del centro. 1941. Lo Stormo si rischierava a Mirafiori il 20 gennaio 1941 con 68 piloti e 119 specialisti, in attesa dei nuovi Macchi M.C.202 quando il reparto disponeva di 12 CR 42 ceduti dal 157º Gruppo. Per due mesi ebbe il compito di difesa di alcuni aeroporti dell'Italia settentrionale come Torino, Milano, Genova e Savona. Alla fine di febbraio arrivarono i primi Macchi M.C.200 portando la dotazione del reparto a 62 MC 200 e 22 CR 42. Fino alla fine di novembre successivo lo stormo svolse un servizio d'allarme con spostamenti di sede: all'Aeroporto di Novi Ligure, Aeroporto di Varese-Venegono, Aeroporto di Albenga, Aeroporto di Piacenza-San Damiano, Aeroporto di Bergamo-Orio al Serio, Aeroporto di Jesi, Aeroporto di Milano-Linate, vigilando fin sulla costa adriatica e con la 93ª Squadriglia inquadrata per un periodo nel 54º Stormo. Il 25 novembre l'8º Gruppo tornava in Africa settentrionale, prima al campo K3 di Bengasi poi, arretrato a El Nufilia (circa 20 km ad ovest di Ben Giauad nel Distretto di Sirte) ed il 13º Gruppo andava a Ciampino. 1942. Nel gennaio 1942 il comando di Stormo era all'Aeroporto di Torino-Caselle con una squadriglia d'allarme; altre sezioni d'allarme diurno e notturno erano sugli aeroporti di Albenga, Genova, Novi Ligure, Venegono e Sarzana. Il 14 febbraio lo Stormo va sull'aeroporto K3 di Bengasi, dove era arrivato anche l'8º Gruppo per la difesa del porto della città. Alla fine di febbraio il 13º Gruppo va a Castel Benito ed ai primi di marzo a Misurata. Dopo quasi un mese il Gruppo va sul campo K3 insieme all'8º Gruppo ed il comando di Stormo. Nel mese di aprile il comando di Stormo passa dal Colonnello Umberto al Maggiore Athos Ghelardi. Nel mese di maggio lo Stormo va a Martuba, poi a Ain Gazzale (a sud di Sirte): l'8º Gruppo va ad Abu Haggag (Fuka) ed il 13º a Bu Amud. I due gruppi arrivarono alla fine dicembre con 3 MC 200 l'8º Gruppo e 10 Macchi 200 più 3 MC 202 il 13º. Il 10 dicembre l'8º Gruppo iniziava il rientro in Italia per riorganizzarsi e il 13º, ricevuti gli aerei operativi dell'altro gruppo, restava in Libia. In questo periodo gli MC 200 dello Stormo effettuarono più di 4800 missioni belliche per quasi 9000 ore di volo. L'8º Gruppo con gli MC 200 va Sarzana per scorta alle navi e difesa di La Spezia. 1943. Il 13º Gruppo prese parte alla campagna di Tunisi. Nei primi mesi del 1943 opera anche con gli MC 200 armati con bombe alari da 15 kg: il 10 gennaio, su 17 velivoli che presero parte ad un attacco a Tanner e su una colonna meccanizzata, 12 rientrarono bersagliati dalla contraerea ed uno venne abbattuto; il giorno dopo 3 aerei nella stessa azione venivano attaccati al rientro da una formazione di Curtiss P-40 e 2 aerei italiani vennero abbattuti. Il 22 gennaio 1943 venne ferito gravemente il tenente Giorgio Savoja su Macchi 202 del 13º Gruppo, di scorta ai bombardieri SM-79. Poi il gruppo rientra in Italia lasciando ad altri gruppi i 5 aerei operativi. Lo stormo usò i Macchi M.C.200 e i M.C.202, per circa un anno, fino al gennaio del 1943 quando venne sciolto dopo 10.000 ore di volo ed ingenti perdite. A Caselle, il 13º Gruppo del Ten. Col. Vincenzo Dequal riceve una decina di MC 202 nel mese di luglio. Il gruppo venne poi trasferito in Sicilia, dove i 202, appena atterrati, vennero resi non operativi dal bombardamento di una formazione nemica. Il gruppo venne poi inviato all'aeroporto di Arena Metato per il servizio d'allarme con i caccia Dewoitine D.520 catturati sugli aeroporti francesi. Il 13 agosto veniva sciolto lo Stormo ed suoi 2 gruppi divennero autonomi, l'8º a Sarzana e il 13º in Sardegna all'Aeroporto di Olbia-Venafiorita. Nei primi 7 mesi del 1943 lo stormo effettuò 1520 ore di volo, 19 combattimenti con 8 aerei nemici abbattuti e 5 distrutti al suolo. Successivamente all'armistizio dell'8 settembre dopo il ritiro dei tedeschi dalla Sardegna il 13º Gruppo, o meglio la 82ª, si riportava di sua iniziativa da Venafiorita a Casa Zeppera vicino ad Oristano per andare insieme al 155º Gruppo (poi 155º Gruppo ETS) del 51º Stormo per combattere durante la guerra di liberazione. L'8º Gruppo del comandante Maggiore Bacich, il gruppo (dislocato a Sarzana) all'alba dell'8 settembre va con 22 MC 200 prima a Guidonia Montecelio poi a Castiglione del Lago. Il 10 settembre visto che l'aeroporto di Sarzana era in mani tedesche Bacich trasferiva il gruppo sull'Aeroporto di Decimomannu, il 13 settembre sulla Base aerea di Sciacca, il 16 settembre ad Agrigento, il 22 settembre a Korba (Tunisia) e il 1º ottobre all'Aeroporto di Lecce-Galatina. Nella primavera del 1944, quando il reparto era in Sardegna, su ordine del Tenente Colonnello Duilio Fanali, comandante del Raggruppamento Caccia dell'Unità Aerea, 11 MC 200, 2 CR 42 ed un Fiat G 50 si spostarono ai primi di giugno a Leverano nel 5º Stormo. L'11 luglio attaccarono un treno blindato tedesco in Kosovo. Poi ancora da Lecce il gruppo con gli MC 202 operò su vari obiettivi in territorio balcanico, da Scutari a Tirana, Durazzo, ecc., combattendo fino al termine della guerra (5 maggio 1945). La ricostituzione. Il 13 dicembre 1950 lo stormo viene ricostruito sull'aeroporto di Vicenza con il solo 8º Gruppo su North American P-51D Mustang. In seguito, il reparto cambiò base nel mese di giugno e si trasferì sull'aeroporto di Orio al Serio dove nel 1953 viene raggiunto dal 13º Gruppo. Nel 1954 viene consegnata la bandiera e l'anno dopo, il 1955, inizia la consegna dei primi aerei a getto de Havilland DH.100 Vampire. Nel 1956 lo stormo, dopo l'aggiunta del 14º Gruppo (o XIV Gruppo) e dopo aver ceduto ad altri reparti i Mustang, completa la transizione su aerei a reazione e cambia denominazione in 2ª Aerobrigata Intercettori Diurni (o 2ª Brigata Aerea Intercettori Diurni). Nello stesso anno arrivano i North American F-86E Sabre che progressivamente sostituiranno i Vampire. Dal 13 aprile 1956 al 23 settembre 1957 è comandato da Vincenzo Lucertini futuro Capo di stato maggiore dell'Aeronautica Militare. Nel 1957 il Reparto viene spostato a Cameri e nello stesso anno venne fondata la Pattuglia Acrobatica Nazionale, che prende il nome di Lanceri Neri dallo stemma della Brigata, equipaggiata su sei velivoli North American F-86 Sabre dal caratteristico colore nero con le ali dipinte con il tricolore. La Brigata venne sciolta nuovamente nel 1962, per poi essere ricostruita nel 1964 a Treviso come 2º Stormo Caccia con il 14º Gruppo e con il 103º Gruppo e i nuovi FIAT G-91R. Nel 1989 il 103º Gruppo viene assegnato al 51º Stormo mentre il 14º Gruppo rimane con il 2º Stormo e nel 1991 inizia la transizione sul nuovo velivolo AMX in sostituzione dei G-91R. Nel 1994 il 2º Stormo viene trasferito sulla base di Rivolto, già sede delle Frecce Tricolori e occasionale base di rischieramento durante le numerose esercitazioni negli anni 70 e 80. Dalla nuova base, il 2º Stormo partecipa con i suoi assetti all'Operazione Decisive Endeavour con missioni di supporto aereo in favore delle forze di terra delle Nazioni Unite dispiegate in Bosnia ed Erzegovina in ambito all'operazione "Implementation Force". Nel 1999 il 14º Gruppo partecipa all'Operazione Allied Force rischierandosi sulla base di Amendola (FG) con 3 velivoli AMX, ottenendo lusinghieri risultati. Nell'ottobre 2002 il 14º Gruppo viene sciolto e posto in Riserva, e nel dicembre dello stesso anno viene posto alle dipendenze dello Stormo il 313º Gruppo Addestramento Acrobatico, le Frecce Tricolori. Il reparto missili. Il 1º luglio 2007, nell'ottica della riorganizzazione dell'Aeronautica Militare, passano sotto il comando del 2º Stormo i Gruppi Intercettori Teleguidati (58º, 72º e 80º), poi soppressi nel 2009 e il Reparto Missili del disciolto 17º Stormo, mentre il 313º Gruppo Addestramento Acrobatico torna ad essere "Gruppo autonomo". Il Gruppo missili viene dotato del Sistema missilistico "Spada 2000" per la difesa antiaerea. Da Settembre 2020 il Gruppo Missili è dotato del sistema SIRIUS, che con il nuovo missile CAMM-ER MBDA diventerà MAADS (Medium Advanced Air Defence System). Caratterizzato da una grande mobilità e facilmente proiettabile per intervenire in contesti particolari, sia sul territorio nazionale che internazionale, ovvero laddove vi sia l’interesse di mantenere il controllo di uno spazio aereo, il MAADS potrà essere dispiegato sia come sistema d’arma completo o sia, utilizzando solamente il SIRIUS, come sistema di comunicazione, scambio dati e sistema di sorveglianza di precisione con elevate capacità di discernimento e definizione dello spazio aereo, per un ruolo definito come RAP Enhancer (Reconnaissance Air Picture) o Gap Filler, in presenza di zone senza una adeguata copertura radar (come potrebbe essere una circondata da montagne) colmando delle lacune nell’ambito di un quadro di sorveglianza aerea. Al Gruppo Missili è prevista la consegna di tre sistemi MAADS che comprendono quindi tre SIRIUS e fino a tre lanciatori ciascuno, ogni lanciatore provvisto di otto celle per i CAMM-ER. Organizzazione. Il 2º Stormo dipende dal "Comando forze da combattimento", con sede a Milano. Reparti dipendenti. Il 2º Stormo fornisce inoltre supporto tecnico, amministrativo e logistico al 313º Gruppo (Autonomo) Addestramento Acrobatico, noto più comunemente come Frecce Tricolori. Le altre unità dipendenti sono gli organi di staff costituiti da Ufficio Comando, Ufficio Operazioni, Ufficio Sicurezza Volo e Servizio Locale e Comprensoriale di Prevenzione e Protezione.
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Marg Helgenberger Biografia. Fa parte della banda della sua scuola, la North Bend Central High School, come suonatrice di corno. Comincia come addetta alle previsioni del tempo in un notiziario locale del Nebraska col nome "Margi McCarty". Nel marzo 1982 debutta nella soap opera "I Ryan" in onda sulla rete ABC, e vi recita fino al 1986. Il suo primo ruolo televisivo importante è nel dramma a puntate "China Beach", in cui interpreta il ruolo di una prostituta al servizio delle Forze Armate, che le vale un premio Emmy nel 1990. A questo segue il premio della critica per il suo ruolo nella miniserie TV del 2000 "Perfect Murder, Perfect Town". Dal 2000 al 2012 ha partecipato alla serie televisiva "CSI - Scena del crimine", dove ha interpretato il ruolo di Catherine Willows. Il 22 agosto 2013 è stato annunciato il suo ritorno in occasione del 300º episodio. Nel 2022 riprende il ruolo di Catherine Willows per la seconda stagione di "", sequel di "CSI - Scena del crimine". Nel 2001 è tra le nominate ai Blockbuster Entertainment Awards come migliore attrice non protagonista per il suo ruolo nel film "Erin Brockovich - Forte come la verità", al fianco di Julia Roberts. Vita privata. Nel 1984, Helgenberger incontrò Alan Rosenberg, un attore ospite con lei in Ryan's Hope. I due sono diventati amici e hanno iniziato a frequentarsi nel 1986. Si sono sposati nel 1989 e hanno un figlio, Hugh Howard Rosenberg (nato nel 1990), dal nome del defunto padre di Helgenberger. Il 1º dicembre 2008, la coppia ha annunciato che si stava separando, il divorzio è stato finalizzato nel febbraio 2010. Nell'aprile 2022, Helgenberger ha sposato il suo partner, Charlie Haugk, con cui aveva una relazione dall'autunno del 2019. Questo è il secondo matrimonio di Helgenberger. Haugk è un attore professionista e stuntman, con crediti per la recitazione e il lavoro acrobatico in film di supereroi d'azione tra cui "Predator 2" (1990), "Black Panther" (2018) e "Wonder Woman" (1984). Doppiatrici italiane. Nelle versioni in italiano dei suoi lavori, Marg Helgenberger è stata doppiata da:
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Amici del vento
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Hranovnica Hranovnica (in ungherese "Szepesvéghely", in tedesco "Gränitz") è un comune della Slovacchia facente parte del distretto di Poprad, nella regione di Prešov. Il villaggio fu menzionato per la prima volta nel 1294.
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Jánovce (Prešov) Jánovce (in ungherese "Szepesjánosfalva", in tedesco "Johannsdorf") è un comune della Slovacchia facente parte del distretto di Poprad, nella regione di Prešov. Il villaggio fu menzionato per la prima volta nel 1312.
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Cristoforo Migazzi Biografia. "Trentino" (in altre fonti "trentino tirolese") di lingua romanza, ossia di nazionalità italiana, e cittadinanza tridentina, Cristoforo Antonio Migazzi di Waal e Sonnenthurn nacque a Trento il 20 ottobre 1714. La famiglia, proveniente nel ‘400 dalla Valtellina, si stabilì a Cogolo, in Val di Peio, quindi a Trento ('500), Innsbruck e in Ungheria. Nel corso degli anni la casata acquisì titoli nobiliari, col predicato di «Waal e Sonnenthurn»: la torre e il sole. Cristoforo diventò il personaggio più importante della famiglia. Fu ordinato sacerdote il 7 aprile 1738, divenne poi ausiliare dell'arcivescovo di Malines in Belgio e arcivescovo titolare di Cartagine (1751) poi arcivescovo (titolo personale) di Vác (1756), sede che comportava il titolo e la carica di vescovo-conte, quindi arcivescovo di Vienna (1757). Lasciata la sede ungherese di Vác, Migazzi vi tornò, nominato dall'imperatrice Maria Teresa d'Austria amministratore a vita della diocesi, dal 1762 al 1786, mantenendo contemporaneamente anche la sede di Vienna, per poi detenere solo Vienna fino alla morte nel 1803, poiché nel 1786 il nuovo imperatore Giuseppe II gli chiese di rinunciare alla diocesi di Vác. A Vác, città distrutta dai turchi conseguentemente alla loro ritirata, Migazzi fu molto attivo. In campo urbanistico si occupò del piano della città. A livello architettonico fece realizzare, tra le altre cose, il palazzo vescovile, il seminario, un convitto, l'arco di trionfo in onore di Maria Teresa. Nei pressi di Verőce, cittadina non lontana da Vác, fece costruire la villa chiamata "Migazziburg"/"Castello di Migazzi". A lui si deve inoltre la nuova cattedrale neoclassica, opera dell'architetto italo-francese Isidore Canevale con affreschi di Franz Anton Maulbertsch. Tale chiesa venne definita dal coevo viaggiatore toscano Domenico Sestini "la chiesa più bella d'Ungheria". Commissionò infine molte opere ad artisti italiani e danubiani. Tra i suoi più importanti collaboratori, tra i quali non mancavano gli italiani, si segnalano alcuni padri scolopi. Papa Clemente XIII lo elevò al rango di cardinale il 23 novembre 1761, con il titolo dei Santi Quattro Coronati. Nel 1782 Cristoforo Migazzi vendette la sua biblioteca, ricca anche di codici antichissimi, alcuni di origine italiana, al vescovo di Transilvania Ignác Batthyány. La collezione è oggi ancora conservata nella sua sede originaria di Alba Iulia, nel Batthyaneum. Morì a Vienna il 14 aprile 1803 all'età di 88 anni. Genealogia episcopale e successione apostolica. La genealogia episcopale è: La successione apostolica è:
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Diocesi di Vienna
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Controriforma La Controriforma, talvolta definita anche Riforma cattolica, è stata la reazione della Chiesa cattolico-romana alla Riforma protestante. Tale reazione fu caratterizzata dall'accoglimento di alcune istanze di rinnovamento ecclesiastico, che peraltro anche Lutero, Calvino e gli altri riformatori avevano messo in evidenza (formazione dei preti, dovere di residenza dei vescovi, lotta all’immoralità nel clero, etc.), ma anche da una reazione polemica e difensiva di fronte al protestantesimo, per evitare che altri cattolici passassero alle Chiese evangeliche, (per mezzo di catechismo, arte sacra, devozione popolare, etc.) e dalla repressione violenta del cristianesimo evangelico nel contesto di una collaborazione tra Papato e “Stati cattolici”, soprattutto la Spagna (attraverso il controllo della stampa, ruolo dell'Inquisizione romana, autodafé e roghi degli eretici, etc.). Normalmente gli storici identificano come "età della Controriforma" il periodo che va dall'apertura del Concilio di Trento alla pace di Vestfalia, che chiude la guerra dei trent'anni. Sebbene la Controriforma venga talvolta chiamata anche Riforma cattolica, con quest'ultimo termine si intende invece propriamente quell'insieme di misure di rinnovamento spirituale, teologico, liturgico con le quali la Chiesa cattolica aveva tentato di riformare le proprie istituzioni anche prima del Concilio di Trento; già durante il Concilio di Costanza, per esempio, i padri conciliari avevano auspicato una riforma «nel capo e nelle membra», ma fu solo in seguito alla Riforma protestante che tale esigenza si fece urgente, concretizzandosi nell'applicazione delle disposizioni conciliari tridentine. La "Controriforma", pertanto, fu "anche" - ma non solo - "riforma cattolica", come d'altra parte la "riforma cattolica" fu "anche" - ma non solo - "Controriforma". Premesse. Il Concilio di Trento. Storia. Di fronte al disastro che il Cattolicesimo stava subendo in tutta Europa a causa dell'avanzata del movimento protestante, la gerarchia romana cominciò a preparare una controffensiva. Papa Clemente VII, memore del conciliarismo affermatosi a Costanza e a Basilea nel secolo precedente, preferì non convocare alcun concilio ecumenico, timoroso che questo potesse mettere in discussione il primato petrino. La situazione cambiò con Paolo III (1534-1549), il quale affidò ai cardinali Contarini e Pole di mettersi d'accordo con l'imperatore Carlo V per trovare una città dove i luterani e i cattolici potessero confrontarsi. Si scelse Trento per due motivi: apparteneva all'Impero ed era geograficamente vicina alla Germania luterana. Il percorso fu lungo e travagliato: convocato prima per il 1542, fu poi definitivamente convocato dal pontefice per il 1545 con la bolla "Laetare Jerusalem". I lavori furono interrotti a seguito di contrasti con l'Imperatore e ripresero con Giulio III (1550-1555), mentre l'intransigente Paolo IV (1555-1559) non volle che si continuasse in quanto riteneva che spettasse solo alla sede romana il compito della Riforma. Ripreso sotto Pio IV (1562), si concluse soltanto nel 1563. Decreti dottrinali. Le conclusioni dei decreti conciliari furono completamente opposte rispetto a quelle progettate inizialmente da Paolo III e da Carlo V. Se costoro erano desiderosi di trovare un compromesso con i luterani (significativa l'azione mediatrice del Contarini ai colloqui di Ratisbona), l'ala reazionaria guidata da Paolo IV prese il sopravvento, grazie alla morte dei fautori dell'ala mediatrice quali Contarini e Pole. Difatti, i decreti conciliari che furono approvati poi con la bolla "Benedictus Deus "il 26 gennaio 1564 andavano a consolidare i punti dottrinali opposti a quelli promossi dal Protestantesimo, sottolineando il rapporto tra fede e opere, l'autorità della Chiesa nell'interpretazione delle Scritture e il ripristino della monarchia assolutista papale. Riassumendo: Decreti disciplinari. Perché i decreti trovassero una concreta applicazione, si procedette alla definizione di una prassi ecclesiale estremamente rigorosa, volta all'edificazione del popolo attraverso una condotta esemplare del clero, stabilendo che: Rito tridentino. Fino al XVI secolo, esistevano numerosissimi riti liturgici occidentali che, benché uniformi dal punto di vista strutturale, si differenziavano per invocazioni e preghiere legate alla cultura locale. Il Concilio, per evitare ulteriori problematiche e per sottomettere l'edizione dei libri liturgici all'autorità della Sede Apostolica, decise di estendere il più possibile il rito romano. Papa Pio V, proclamò, nella bolla "Quo primum "(1570), che l'eucaristia si dovesse celebrare in tutta la Chiesa latina secondo il Messale Romano edito in quello stesso anno, con l'eccezione di quei riti che avessero più di duecento anni, che potevano essere mantenuti. Benché sia diffuso, non è corretto parlare di rito «tridentino». In realtà, al Concilio di Trento non fu elaborato nessun nuovo libro liturgico, il Concilio chiese al Papa di esaminare il Messale, ma le uniche variazioni riguardano alcune feste di santi: per il resto il Messale ricalcava le precedenti edizioni a stampa, in particolare l'edizione veneziana del 1497, a sua volta derivata dalla prima edizione a stampa del 1474. Caratteri della civiltà post-tridentina. Le guerre di religione. La conseguenza di queste drastiche riforme fu un'accentuazione del clima di intolleranza che si poteva già percepire all'indomani della Riforma luterana. Dagli anni sessanta del XVI secolo, infatti, l'Europa sprofondò in una serie di guerre di religione tra protestanti e cattolici che destabilizzarono profondamente gli equilibri interni degli stati, accentuando il ruolo politico e religioso del campione della Controriforma, il cattolicissimo sovrano di Spagna Filippo II. L'assolutismo papale. Premessa. Elemento caratteristico della cultura religiosa post-tridentina fu l'affermazione definitiva dell'assolutismo papale e la morte del conciliarismo. I pontefici della seconda metà del XVI secolo si impegnarono, infatti, a sottolineare il decreto conciliare tridentino che ribadiva il carattere divino della sede episcopale romana, limitando così fortemente eventuali spinte autonomiste delle sedi episcopali cattoliche suffraganee. Grazie anche alla trattatistica del teologo gesuita (e poi cardinale) Roberto Bellarmino, si giunse ad un'esaltazione personale del Romano Pontefice quale "Vicarius Dei "e cuore della Chiesa stessa: Il "clou" del periodo in cui si consolidò questa dimensione curiale, accentratrice ed assolutista si può tratteggiare dal pontificato di Paolo III (1534-1549) fino a quello di Gregorio XV (1621-1623), durante i quali pontefici autoritari ed assolutisti quali Pio V e Sisto V incarnarono lo spirito di rinnovamento diffusosi nella coscienza cattolica post-tridentina. Dal pontificato di Urbano VIII (1623-1644) fino a quello di Clemente XII (1730-1740), cioè quel "lungo Seicento delle Chiese cristiane", si assistette alla fine del sogno di restaurazione cattolica dell'Europa (con la fine della guerra dei trent'anni, 1648) e all'assestamento della mentalità controriformista e delle strutture curiali romane, fino alla comparsa dell'Illuminismo che fu il primo, serio movimento culturale capace di mettere in crisi l'impianto socio-religioso uscito fuori da Trento. Pio V fu uno dei più energici ed attivi pontefici dell'immediato periodo post-tridentino, incarnandone appieno lo spirito di riaffermazione del prestigio romano. Il Papato della Controriforma. Da Pio IV a Clemente VIII (1559-1605). L'attuazione del Concilio. Pio IV, negli ultimi anni del suo pontificato, si mobilitò perché i canoni disciplinari e teologici approvati a Trento fossero messi in pratica. Per questo motivo, già nel 1564 creò una Congregazione del concilio perché sorvegliasse l'attuazione delle disposizioni conciliari e, il 13 novembre 1565, la pubblicazione della "Professio fidei tridentina", "compendio" della teologia della Riforma cattolica. L'opera di Pio IV fu continuata da Michele Ghisleri, intronizzato nel 1565 col nome di Pio V (1565-1572), implacabile inquisitore animato da una ferrea ed intransigente volontà di sottolineare la "plenitudo potestatis "romana e di combattere le eresie con tutti i mezzi a disposizione possibili. Sotto di lui:Oltre alla riforma del messale (il cosiddetto "Messale di San Pio V"), Pio V patrocinò anche l'uniformità dei vari riti liturgici presenti nella Chiesa cattolica (mantenendo intatto il rito ambrosiano, anche a causa della caparbia volontà di San Carlo Borromeo nel mantenerne la ricchezza spirituale); diede impulso alle missioni (istituzione di una congregazione cardinalizia nel 1568); instaurò a Roma un clima di assoluta ortodossia dottrinale accompagnata da una corretta ortoprassi da parte del clero e dei fedeli; favorì la diffusione del Santo Rosario presso il popolo, preghiera che venne solennizzata come ringraziamento alla Madonna per la vittoria ottenuta dalla Lega Santa a Lepanto contro i Turchi (1571). Le riforme furono proseguite da Gregorio XIII (1572-1585), decretando la costituzione di ambascerie diplomatiche permanenti (le nunziature apostoliche) per mantenere strette e continue relazioni con i monarchi d'Europa ed avviò le prime disposizioni ecclesiali riguardo all'obbligo, da parte dei vescovi, di presentare a Roma delle relazioni delle visite pastorali da loro condotte nelle varie diocesi. Solamente nel 1585, sotto Sisto V (1585-1590), tali decreti divennero ufficiale, dando origine alle "relationes ad limina apostolorum" tuttora vigenti. Quest'ultimo pontefice, benché avesse regnato solo 5 anni, si dimostrò energico nell'azione teologica ed esegetica, tanto da portare a compimento la revisione della "Vulgata" (edita nel 1592 sotto Clemente VIII, papa dal 1592 al 1605), in ottemperanza ai canoni tridentini che prevedevano la definizione dei libri delle Sacre Scritture. La fine del sogno dell'egemonia cattolica (1605-1648). La prima metà del secolo vide il papato impegnato nel tentativo di imporre la sua supremazia in campo religioso in tutta Europa, e non limitandosi soltanto agli Stati che nel frattempo avevano abbracciato il protestantesimo. Supportati da un apparato politico-religioso stabile ed efficiente, i pontefici del primo Seicento cercarono di ricostruire il sogno medievale di Gregorio VII e di Innocenzo III: una "plenitudo potestatis directa" che non si limitasse ad esercitare il potere spirituale nelle questioni prettamente religiose, ma che interferisse anche nella politica interna degli stati, considerati come il braccio "secolare" dell'azione della Chiesa. La concretizzazione di questo progetto si trovò nell'autoritario Paolo V (1605-1621), allorché scagliò l'interdetto contro la Repubblica di Venezia (1606) per essersi rifiutata di consegnare a Roma dei preti rei di aver commesso dei delitti e per non aver accolto le richieste pontificie in merito alla legislazione ecclesiastica. Paolo V, però, non si rese conto che la sua presa di posizione era anacronistica: la difesa dei principi giurisdizionalisti statali, nell'età delle monarchie assolute, avevano sviluppato un senso di orgoglio "laico" negli Stati, opponendosi fortemente contro le pretese di intervento diretto del pontefice nelle loro questioni di politica interna. Il Bellarmino stesso si accorse, anni addietro, che era impossibile esercitare tale politica: Infatti, il Pontefice non riuscì ad ottenere il risultato sperato: l'indifferenza dei veneziani (che continuarono a celebrare i sacramenti nonostante l'interdetto papale), la reazione teologico-politica di fra Paolo Sarpi e le minacce della Francia di Enrico IV costrinsero Paolo a retrocedere dai suoi propositi. Dopo il breve ma intenso pontificato di Gregorio XV (1621-1623), promotore dell'importante dicastero pontificio di "Propaganda fide "(1622), seguì quello ventennale di Urbano VIII (1623-1644). Il Pontefice, benché assertore della maestà pontificia nella regolamentazione delle questioni internazionali, dovette amaramente constatare il fallimento dei suoi progetti quando la Francia del cardinale Richelieu, nella guerra dei trent'anni, si batté a fianco dei protestanti contro i cattolici. La pace di Westfalia Il riformismo barocco e la sua fine (1650-1740). Il papato della seconda metà del XVII secolo dovette constatare amaramente la fine del suo sogno di restaurazione cattolica, accontentandosi di essere la guida morale delle coscienze e di influire, con la sua autorità morale, sulle decisioni politiche degli Stati cattolici. I pontificati di Innocenzo X (1644-1655) e di Alessandro VII (1655-1667) continuarono da un lato nel consolidare quella cultura controriformista attraverso disposizioni disciplinari e patrocinando l'arte barocca come strumento di propagazione della fede; dall'altra, ad impedire la diffusione delle "devianze" ortodosse tridentine. Tra queste, spiccava per importanza ed influenza culturale il giansenismo, dottrina sviluppata dal vescovo olandese Cornelius Jansen (1583-1638) vicina alle posizioni calviniste sul problema della grazia e della predestinazione Benché i seguaci del giansensimo (celebre centro di diffusione fu il monastero di Port-Royal, intorno al quale gravitava il filosofo e matematico francese Blaise Pascal) si dichiarassero seguaci del cattolicesimo romano, i papi da Urbano VIII in avanti si dimostrarono fortemente avversi ad un indirizzo teologico così vicino al calvinismo. Difatti, con la bolla di papa Innocenzo X "Cum Occasione" del 1653 e con quelle di Alessandro VII ("Ad sanctam beati Petri sedem" del 1656 e "Regiminis Apostolici" del 1664), il papato diede il via ad una serie di condanne nei decenni successivi, tra cui la più importante è sicuramente la bolla "Unigenitus" del 1713 ad opera di Clemente XI. Il pontefice che espresse maggiormente il ruolo di guida spirituale e di difensore intransigente della dottrina fu Innocenzo XI (1676-1689), il quale intendeva rilanciare il Papato nella sua missione pastorale, avviando una selezione più rigida per scegliere i candidati curiali e cercando di estirpare alcune ignobili piaghe della Curia, quali la vita principesca che i cardinali conducevano e il nepotismo. I principali problemi del pontificato innocenziano furono: La spinta riformatrice e pastorale fu seguita da Innocenzo XII (1691-1700), che emise la bolla "Romanum decet pontificem" (1692) con cui condannava esplicitamente il nepotismo; e da Clemente XI (1700-1721), che continuò la lotta contro il giansenismo. Con quest'ultimo pontefice, però, il prestigio del papato in campo internazionale cominciò lentamente a scemare: l'affermazione piena del giurisdizionalismo e la decadenza dello Stato Pontificio in campo internazionale (rovesci diplomatici al trattato di Utrecht del 1714) determinarono una crisi d'autorità della Chiesa Cattolica in campo etico e dottrinale. Con il radicamento dell'illuminismo nei ranghi della politica e della cultura, poi, si diffuse presso gli ambienti governativi anche un forte sentimento anti-gesuita. Se Benedetto XIII (1723-1730) e Clemente XII (1730-1740) cercarono di opporsi alle novità provenienti dal mondo contemporaneo, Benedetto XIV (1740-1758), per via anche del suo spirito conciliante e dei suoi interessi verso ogni ramo della cultura, cercò di trovare dei canali di mediazione con la nuova cultura europea. Quando però si accorse dei rischi potenziali contenuti in alcune opere (L"Esprit de lois "di Montesquieu, per esempio) e dell'anticlericalismo sempre più serpeggiante in seno agli stati cattolici europei ("in primis" il Portogallo del Marchese di Pombal), Benedetto XIV procedette ad un ripiegamento teologico e culturale volto alla difesa dei principi della fede cristiana. Con la seconda fase del pontificato lambertiniano, si può parlare di conclusione del riformismo barocco. La spiritualità tridentina. I nuovi ordini religiosi e il loro contributo. A contribuire al rinnovamento spirituale presso la popolazione, un ruolo fondamentale lo svolsero quegli ordini religiosi nati in risposta all'esigenza della Riforma Cattolica percepita già all'indomani della Riforma Luterana. Ordini come i cappuccini, le orsoline, i teatini, i barnabiti e specialmente i gesuiti rafforzarono la pastorale del degradato clero secolare, influendo sugli sviluppi della devozione popolare, caratterizzata da una forte venerazione nei confronti dei Santi, della Beata Vergine (in particolar modo si diffuse la pratica del rosario), l'assiduità alla partecipazione dei sacramenti e ai precetti della Chiesa, determinando talvolta una religiosità di facciata, dominata più dal conformismo che da una religiosità percepita nella sua purezza. Infatti, oltre ad influire sulla condotta dei fedeli nell'ortoprassi religiosa, gli ordini religiosi nati dalla Riforma Cattolica (in special modo i Gesuiti per i ragazzi e le Orsoline per le femmine) si adoperarono di formare le generazioni future, a seconda dei ruoli che i giovani avranno nella società. Non per nulla, l'educazione dei futuri principi era affidata a precettori gesuiti i quali, d'altronde, crearono delle scuole per la formazione anche dei ceti medio-bassi: l'educazione umanistica, impregnata di una sana dottrina cattolica, era considerato il miglior strumento per la formazione dell'uomo. La "clericalizzazione" della società cristiana. L'attenzione rivolta alla pratica esteriore della religiosità e l'affidamento del popolo al clero spazzò via quel gruppo di intellettuali e religiosi cattolici (i cosiddetti "spirituali") simpatizzanti per la dimensione interiore della fede propugnata dal protestantesimo. Una religiosità che non faccia affidamento al Magistero della Chiesa era vista con estremo sospetto da parte delle gerarchie, che affidavano i singoli casi all'Inquisizione. Di conseguenza, si ebbe un rafforzamento della figura del presbitero, capace di condurre il popolo di Dio alla salvezza dell'anima attraverso una corretta interpretazione esegetica delle Sacre Scritture, interpretazione fornitagli dall'istituzione dei Seminari come previsto dal Concilio di Trento: L'istituzione delle parrocchie, circoscrizioni religiose nettamente più limitate delle pievi medievali, aveva proprio la funzione di controllare più da vicino la morale dei fedeli, modellata grazie alla fondazione delle "Scuole di Dottrina cristiana" in cui si impartivano i precetti tridentini ai fedeli. Inoltre, non bisogna dimenticare che la figura del prete, nelle comunità agricole, era riverita non solo per l'autorità morale che rappresentava, ma anche per la preparazione culturale che, benché non sempre fosse eccellente, era sicuramente superiore a quella dei semplici contadini. La figura di Don Abbondio nel suo rapporto con gli abitanti del paesino descritto ne "I Promessi Sposi" delinea (per lo più per antifrasi) il prototipo del parroco dell'età post-tridentina, sebbene - per Manzoni - ad incarnare veramente quel modello di cura pastorale siano piuttosto padre Cristoforo e il cardinal Federigo Borromeo. In conseguenza di questa esasperazione del ruolo di mediazione riservato al clero, si venne ad accentuare la distanza tra il "laicato" e il clero stesso, definendo quella "societas inequalis "che verrà ribadita nel Concilio Vaticano I e nel Codice di diritto canonico del 1917 e che permarrà fino al Vaticano II. Se il popolo è una massa di persone indefinita, il clero gode non solo di privilegi sociali, ma anche dell'esclusiva autorità d'interpretazione delle scritture. Il vescovo controriformista: Carlo Borromeo. Ci sono vari vescovi esemplari del clima controriformista, come ad esempio Pietro Giovanni Aliotti, vescovo di Forlì dal 1551 al 1563, ma come modello del vescovo delineato dal Concilio di Trento certamente spicca la figura di Carlo Borromeo (arcivescovo di Milano dal 1564 al 1584). Il nipote di Pio IV fu inviato a guidare l'arcidiocesi di Milano, che da cinquant'anni era lasciata in uno stato d'incuria spirituale e materiale a causa della negligenza di Ippolito I e di Ippolito II d'Este. Ivi, il giovane presule si diede subito da fare per cercare di eliminare gli abusi compiuti in questo stato di decennale anarchia, rimuovendo i prelati indegni, ristabilendo il rispetto della disciplina ecclesiastica nei monasteri e nel clero diocesano. Curò con particolare intensità il rispetto della liturgia secondo i canoni tridentini, e si mostrò indefesso nelle visite pastorali, giungendo anche ai confini con la Svizzera protestante e visitando villaggi e paesi sperduti sulle montagne. L'opera restauratrice di san Carlo non si limitò soltanto alle disposizioni liturgiche e all'adempimento dei canoni tridentini, in quanto esercitò fino in fondo il suo ministero di servizio verso i più bisognosi in occasione della peste del 1576 (chiamata infatti "peste di San Carlo") e conducendo una vita morigerata. Si prodigò, inoltre, nella formazione culturale dei suoi presbiteri, aprendo vari seminari (tra cui ricordiamo il Collegio Borromeo di Pavia). La cultura barocca. La Chiesa è propagatrice in primo piano della cultura religiosa. Dopo aver abdicato al sapere mondano in seguito al Concilio di Trento, la Chiesa Cattolica fu in prima linea nella diffusione della religione e nell'opera di moderazione di quella profana, tramite lo strumento della Santa Inquisizione. Sostanzialmente, la Chiesa Cattolica opera una purificazione di tutte le tematiche pagane del primo cinquecento per dare il via ad un umanesimo cristiano che trova i suoi centri propulsori nei collegi gesuiti e nelle predicazioni tanto in voga in quel secolo. Si può vedere quindi come la cultura cattolica non sia, come c'è stata rappresentata, soltanto repressione, ma proposta per un'innovazione del sapere in chiave cristiana: protegge infatti la scienza (purché sia in linea con le scritture); favorisce l'arte "ad maiorem gloriam Dei" (Palestrina nella musica; Bernini e Borromini in quella figurativa e architettonica); esalta la poesia come funzione moralizzatrice (il circolo classicista di papa Urbano VIII). L'arte figurativa. In seguito alle disposizioni conciliari, l'arte figurativa del Barocco deve rispondere all'esigenza di difesa e diffusione dell'ortodossia cattolica contro l'eresia protestante. Un clima di profondo rinnovamento segue la rivoluzione dei canoni figurativi dell'età rinascimentale: gli affreschi rappresentanti scene tratte dai vangeli apocrifi vengono cancellati, mentre quelli considerati indecenti e dal sapore paganeggiante (quale il Giudizio Universale di Michelangelo) vengono "corretti" attraverso l'aggiunta di panni per coprire le nudità. L'arte deve ritornare (come si vedrà anche per l'aspetto musicale) a "parlare" agli analfabeti, glorificare Dio e i suoi Santi attraverso la celebrazione di particolari soggetti, quali la Madonna (la cui venerazione è rifiutata dai protestanti). In campo architettonico, due casi esemplificativi mostrano come l'arte sia divenuta strumento di propaganda della Riforma Cattolica: la chiesa del Gesù di Roma, ad opera del Vignola; e la produzione artistica del Bernini. Nel primo caso, la chiesa, riccamente decorata, presenta una struttura a pianta latina fiancheggiata da una serie di cappelle riconducenti ai motivi religiosi della controriforma: l'esaltazione dei santi e dei sacramenti, la devozione al Sacro Cuore di Gesù. La volta è affrescata col trionfo di Cristo, fiancheggiato dai dottori della Chiesa, con la chiara allusione di dimostrare l'ortodossia della fede cattolica. Del Bernini, oltre all'esaltazione iconografica del potere papale con la "Cathedra Petri "nella Basilica Vaticana, si ricorda l"Estasi di santa Teresa d'Avila", altisonante espressione del misticismo controriformista. La musica. La musica polifonica di stampo quattrocentesco sembrava aver preso una strada indipendente rispetto alle esigenze liturgiche, che prevedevano un uso delle parole e un messaggio che fosse semplice, chiaramente udibile da parte dei fedeli. Inoltre, si richiese una purificazione della polifonia da tutte le tematiche profane, perché la musica ritornasse ad essere "ancilla Dei". Il Concilio, per ribadire quest'esigenza di purificazione e di asservimento della parola musicata ai fini liturgici, emanò il "Decretum de observandis et evitandis in celebratione Missarum "(1562):Pierluigi da Palestrina, davanti ad un'ala intransigente dei Padri che addirittura voleva l'abolizione della musica dalle liturgie, avrebbe rivisto quel capolavoro che è la "Missa Papae Marcelli" (1555), presentandola poi davanti ad una commissione di cardinali (tra cui faceva parte anche il Borromeo) per dimostrare che il contrappunto ovvero la polifonia è davvero compatibile con le dottrine della Controriforma. La Controriforma, nel considerare il capolavoro di Palestrina, approvò la polifonia, che da allora ebbe sempre un posto privilegiato accanto al canto gregoriano, proclamando Palestrina il salvatore della musica polifonica e gettando le basi per la cappella sacra romana. Si richiese, però, che la musica polifonica seguisse le seguenti norme: Il classicismo letterario barocco. Oltre alla linea marinista e concettista, piena di figure retoriche volte a suscitare splendore e meraviglia nel pubblico dei lettori, il critico letterario Ezio Raimondi ha individuato una linea invece più classicheggiante, che rifiutava le stravaganze mariniste (senza però rifiutare di suscitare la meraviglia nei lettori) e che si proponeva di educare il popolo di Dio attraverso una letteratura "pedagogica" e civile. Il fulcro di questa tendenza classicheggiante lo si ebbe nel circolo barberiniano, formatosi intorno al cardinale Maffeo Barberini, futuro papa Urbano VIII (1623-1644). Lo stesso Urbano VIII, Tommaso Campanella, Tommaso Stigliani, Giovanni Ciampoli e Virginio Cesarini furono tra i principali esponenti di questo gruppo di poeti, ma fu soprattutto l'ultimo a dare un maggior contributo per stile e produzione. Cesarini, membro dell'Accademia dei Lincei amico di Galileo, proponeva una poesia etica secondo i principi cristiani e che potesse suscitare un senso d'amor patrio. Il rapporto tra scienza e fede. Gli studi recenti. A partire dagli anni '50 del '900 gli studi storico-letterari hanno rivalutato profondamente l'immagine negativa che è stata offerta per secoli, cioè quella di una Chiesa ostile al progresso scientifico e persecutrice delle nuove scoperte, soprattutto in campo astronomico. In realtà, Andrea Battistini, Ezio Raimondi ed Eraldo Bellini, nei loro saggi delineanti il rapporto tra letteratura e scienza, hanno inevitabilmente affrontato anche la dimensione della fede, fondamentale perno socio-culturale della civiltà controriformista. La visione tolemaica e il ruolo scientifico dei Gesuiti. Partendo dal presupposto che il testo biblico è un"auctoritas "non solamente per le questioni di fede, ma anche per quelle scientifiche, la tradizione ecclesiastica aveva accolto la teoria geocentrica dello scienziato egiziano Tolomeo, in quanto la sua teoria si accordava perfettamente alla visione antropocentrica del cristianesimo. Come l'Uomo è al centro della Creazione, così la Terra deve essere al centro dell'Universo. La Chiesa patrocinò le iniziative scientifiche più disparate, purché non s'intaccasse la teoria geocentrica. I Gesuiti, per esempio, erano considerati (nel mondo cattolico) tra i migliori studiosi della realtà cosmica e naturale: Athanasius Kircher, Orazio Grassi e Francesco Lana de Terzi sono soltanto alcuni degli scienziati appartenenti alla Compagnia di Gesù, con i quali lo stesso Galileo mantenne i rapporti fino alla rottura avvenuta con la pubblicazione de "Il Saggiatore". La stessa Accademia dei Lincei, di cui si parlerà fra poco, era supportata dall'allora cardinale Maffeo Barberini, nonostante la "libertà di ricerca" propugnata dal fondatore dell'Accademia, il principe Federico Cesi. I Lincei e Galileo: la "nuova scienza". Nata nel 1603 per iniziativa del giovane principe Federico Cesi (insieme agli amici Giovanni Heckius, il marchigiano Francesco Stelluti e l'umbro Anastasio de Filiis), l'Accademia de' Lincei iniziò a funzionare soltanto nel 1609, quando il Cesi divenne proprietario dei beni paterna in seguito alla morte del genitore. La fortuna dei Lincei fu però data dall'adesione di Galileo nel 1610, determinando fra di essi un vero e proprio sodalizio scientifico: se Galileo, famoso per il fresco di stampa "Sidereus Nuncius", diede prestigio all'Accademia con la sua adesione, dall'altra i Lincei, molto sensibili alla divulgazione della “nova scienza”, spinsero Galileo ad adottare il dialogo come genere letterario adatto per tale scopo. I Lincei, per diffondere le loro scoperte, inventarono gli opuscoli e le gazzette (in lingua volgare) perché si formasse una coscienza collettiva anche con dei profani: la prosa letteraria trovò così una forma di comunione con la scienza. Questa, inoltre, doveva basarsi sull'esperienza diretta, empirica dei fenomeni, e non sulle "auctoritates "antiche e teologiche. Come esporrà bene Galileo nelle "Lettere Copernicane", la Bibbia è un volume dal carattere soteriologico, perché conduca gli uomini alla salvezza, e non un libro scientifico. Bisogna non sapere di astrologia, filosofia o teologia per capire la realtà della natura, ma di matematica e fisica, in quanto il libro dell'universo ragiona secondo i calcoli, e non intorno alle dotte disputazioni, come dirà Galileo disputando con il gesuita Orazio Grassi ne "Il Saggiatore:"La Chiesa, nella figura del cardinal Bellarmino, si oppose alla rinascita del copernicanesimo nella sua veste galileiana, in quanto non conciliante con alcuni passi delle Scritture, quali "Giosuè" 10, 12-13. Il Cardinale cercò di convincere Galileo a desistere, dopo la sentenza del Sant'Uffizio del 1616, a non difendere una tesi "plausibile" solo come forumulazione matematica privata, ma non concepibile nella sua accettazione pratica. L'ascesa poi al trono papale del filo-linceo Urbano VIII fece credere allo scienziato pisano di poter liberamente sostenere questa visione, ma si sbagliava. Lo scontro tra questi due correnti di pensiero e di interpretazione del reale giunse il culmine con la condanna, da parte del Sant'Uffizio, del "Dialogo sui massimi sistemi", cosa che suscitò molto scalpore presso gli avversari del cattolicesimo controriformista. Storiografia. Le origini: Paolo Sarpi e Pietro Sforza Pallavicino. Paolo Sarpi, il frate veneziano dell'Ordine dei Servi di Maria, che si oppose all'interferenza di papa Paolo V nelle questioni giurisdizionali della Repubblica di Venezia, nel 1619 pubblicò a Londra la sua opera più famosa, la "Istoria del Concilio Tridentino", ove si sottolinea la cupidigia del papato il quale, aiutato dalla Spagna, riuscì ad imporre la sua volontà sulla collegialità dei vescovi per raggiungere i propri fini temporali. L'opera del Sarpi, messa subito all'Indice, spinse la Curia ad affidare all'intellettuale (e cardinale dal 1659) Pietro Sforza Pallavicino un'opera che potesse fronteggiare quella del Sarpi. Il prelato scrisse, pertanto, la "Istoria del Concilio di Trento" (1656-1657). Opera notevolmente più chiara e meno passionale (e quindi meno ideologica), la "Istoria" è costruita con un metodo storico più efficace di quella del frate veneziano. La nascita del concetto di Controriforma. Il termine "Controriforma" non fu usato nei secoli XVI e XVII, ma venne coniato da Johann Stephan Putter, docente giurista di Gottinga, nel 1776. Putter, con questa parola, intendeva indicare la reazione della Chiesa alla riforma luterana attraverso: Riforma cattolica e Controriforma: la storiografia del XX secolo. I maggiori storici tendono oggi a sostenere la coesistenza di due aspetti distinti e paralleli nella realtà del cattolicesimo cinquecentesco: la "Riforma cattolica" e la "Controriforma". Il primo a introdurre il concetto di "riforma cattolica" fu probabilmente il protestante Karl Peter Wilhelm Maurenbrecher, il quale scrisse nel 1880 la "Geschichte der Katholischen Reformation". Dopo di lui, gli storici Ludwig von Pastor, Joseph Lortz, Lucien Febvre, Delio Cantimori, Erwin Iserloh, Giacomo Martina, Giuseppe Alberigo, Mario Bendiscioli, Pier Giorgio Camaiani, Jean Delumeau, Paolo Prodi ed altri continuarono a riflettere e ad elaborare la dimensione storico-religiosa del cattolicesimo post-tridentino tra riforma e controriforma. Fu soprattutto lo storico tedesco Hubert Jedin a identificare e definire i due movimenti come distinti nella storia della Chiesa cattolica. Quale sarebbe, dunque, la differenza tra "Riforma cattolica" e "Controriforma"? La "Riforma Cattolica" tende a mettere a fuoco gli elementi di trasformazione che la Chiesa accolse in questo periodo, procedendo alla definizione dei suoi dogmi e alla presa di coscienza di un"alterità "rispetto al mondo protestante; la "Controriforma" sottolinea, invece, il contrasto netto con il protestantesimo e l'applicazione dei decreti conciliari nelle Chiese locali e attraverso l'istituzione di organi specifici (Sant'Uffizio, Inquisizione romana, Indice dei libri proibiti) per monitorare l'ortodossia tridentina. Jedin scrive così, a tal proposito: Non bisogna tuttavia dimenticare la sostanziale persistenza di un filone storiografico che si oppone a questa linea interpretativa. Tra gli studiosi che hanno proposto opinioni contrastanti, si può menzionare Giovanni Miccoli, che a tale problema si dedica nel paragrafo conclusivo del suo celebre saggio "La storia religiosa", dedicato alla "Crisi e restaurazione cattolica nel Cinquecento".
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Scuola veneziana Nella storia della musica la scuola veneziana è un termine usato per descrivere i primi compositori operanti a Venezia dal 1550 al 1610; essa descrive inoltre la musica da loro prodotta. Storia. Diversi fattori determinano la nascita della scuola veneziana. Il primo fu politico: dopo la morte di Papa Leone X nel 1521 ed il sacco di Roma del 1527, la lunga tradizione di Roma come centro musicale si andò affievolendo; molti musicisti che volevano trasferirsi in Italia non andavano più a Roma ma sceglievano di andare a Venezia. Un altro fattore fu l'esistenza della Basilica di San Marco (comunemente conosciuta come "San Marco"), con il suo unico interno con due alloggiamenti per il coro: in considerazione della spaziosità della basilica, si rese necessario sviluppare uno stile musicale che mettesse a profitto il ritardo del suono provocato dalle grandi dimensioni della chiesa. In questo modo lo stile policorale veneziano si sviluppò nello stile antifonale in cui gruppi di cantori, accompagnati da strumenti musicali, cantavano in alcuni momenti in opposizione ed in altri all'unisono uniti dal suono dell'organo. Il primo compositore a rendere famoso questo effetto fu Adrian Willaert, che divenne "maestro di cappella" a San Marco nel 1527 rimanendovi ininterrottamente fino alla sua morte nel 1562. Gioseffo Zarlino, uno dei più influenti musicisti dell'epoca, chiamò Willaert "il nuovo Pitagora". L'influenza di Willaert era profonda non soltanto per la sua maestria di compositore ma anche per la sua eccezionale bravura come didatta tanto che molti veneziani studiarono con lui. Un altro fattore che promosse la creatività di questo gruppo di musicisti fu lo sviluppo della editoria a Venezia. Nei primi anni del XVI secolo, Venezia è una città prosperosa e dal governo stabile e diviene presto un importante centro di pubblicazioni di spartiti musicali. Accorrono compositori da ogni parte d'Europa per beneficiare di questa innovazione che era stata inventata da pochi anni. Compositori del nord Europa, specialmente fiamminghi e francesi, considerati fra i migliori d'Europa, vennero numerosi a Venezia. L'internazionalità della società musicale veneziana durò fino alla fine del XVII secolo. Negli anni dal 1560 al 1570 vi si svilupparono due correnti musicali: una progressista capeggiata da Baldassare Donato ed una conservatrice con a capo Gioseffo Zarlino che diverrà poi maestro di cappella a San Marco. La frizione fra i due gruppi portò, nel 1569, ad un pubblico duello fra Donato e Zarlino durante la celebrazione della festa di San Marco. I membri della corrente conservatrice tendevano a seguire lo stile polifonico della scuola franco fiamminga ed includeva Cipriano de Rore, Zarlino e Claudio Merulo; i membri della corrente progressista includevano Donato, Giovanni Croce, e dopo Andrea e Giovanni Gabrieli. Un ulteriore punto di frizione fra i due gruppi era se dare il posto di maestro di cappella ad un veneziano e comunque ad un italiano e non ad uno straniero. Alla fine il gruppo che favoriva i talenti locali prevalse e finì così la dominazione dei musicisti stranieri a Venezia. Nel 1603 fu nominato Giovanni Croce seguito da Giulio Cesare Martinengo nel 1609 e da Claudio Monteverdi nel 1613. Il massimo dello sviluppo della scuola veneziana venne raggiunto nel decennio 1580-1590 quando Andrea e Giovanni Gabrieli composero grandissimi capolavori per cori multipli, gruppi di ottoni, archi e organo. Questi lavori sono i primi ad includere il dinamismo nella musica ed i primi anche nell'includere specifiche istruzioni sull'orchestrazione. Anche gli organisti partecipano a questa musica con Claudio Merulo e Girolamo Diruta; essi iniziano a definire uno stile ed una tecnica che trasferita nel nord Europa darà, nelle successive generazioni, vita ai lavori di Dietrich Buxtehude, ed infine di Johann Sebastian Bach. Il termine "scuola veneziana" viene usato, alcune volte, per distinguerlo dalla contemporanea e più conservatrice scuola romana. Altri importanti centri di attività musicale in Italia nello stesso periodo includono Firenze (dove nasce l'opera), Ferrara, Napoli, Padova, Mantova e Milano. Compositori. Fra i maggiori esponenti della "Scuola veneziana" si annoverano: Bibliografia. ., 1980. ISBN 1-56159-174-2
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Villa Comunale Umberto I
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Danza latino-americana Le danze latino-americane sono originariamente delle danze di coppia, facenti parte dei" Balli latini" nelle competizioni internazionali. Le danze riconosciute ufficialmente come latino-americane sono cinque: samba, cha cha cha, rumba, paso doble e jive. Negli ultimi anni tuttavia son state aggiunte altre categorie, oltre la coppia, come il duo, gruppo e il solo. Poiché le figure relative a questi balli differivano da continente a continente e da una nazione all'altra, per via delle diverse tradizioni locali, a livello sportivo era necessario dar vita a un unico codice tecnico valido a livello internazionale. Il contributo arrivò proprio da Walter Laird, ballerino britannico (uno dei migliori al mondo, insegnante di ballerini di grande successo come Allan Tornsberg, Vibeke Toft, Espen Salberg, Jukka Haapalainen, Sirpa Suutari, Donnie Burns e Ian Waite), con la pubblicazione nel 1964 del libro "Technique of Latin dancing". Grazie a lui si deve la diffusione e lo sviluppo delle danze latinoamericane nel secondo dopo guerra. Tuttavia, negli ultimi anni non è stato più possibile raggiungere un unico accordo tra le federazioni non solo a livello nazionale, ma soprattutto a livello internazionale, a causa di un differente approccio alla tecnica e alla disciplina delle danze latinoamericane. Dunque le tre principali federazioni a livello internazionale sono: -WDO (World Dance Organisation) -WDC (World Dance Council), successore legale dell'International Council Ballroom Dancing dal 1950 -WDSF (World Dance Sport Federation), l'antico Consiglio internazionale dei Danzatori Amateur (ICAD) fondato nel 1957. A questo punto ogni federazione prevede un proprio codice tecnico a seconda della categoria, un proprio regolamento gara, dei propri ballerini tesserati e uno specifico circuito di competizioni. A livello italiano vi sono numerose federazioni e associazioni le quali si rifanno a una delle tre organizzazioni internazionali. Ad ogni modo, resta il fatto che, tramite l'insegnamento e la pratica anche spontanea, le danze latinoamericane sono state assimilate molto bene dalla cultura europea, nonostante si tratti di danze (specialmente cha cha, rumba, samba) lontane dal nostro codice etico-culturale. Rumba. Per gli studiosi di storia della danza, il termine rumba indica qualcosa di più che un semplice ballo: identifica un genere musicale e coreico comprensivo di un insieme di balli. Nella lingua spagnola il verbo rumbear definisce un particolare modo di ballare, basato sui movimenti seducenti dei fianchi e del bacino. L'origine della rumba risale agli inizi del 1900 a Cuba, dopo l'abolizione della schiavitù, avvenuta il 10 febbraio 1878. Grandi masse di neri lasciarono i campi, dove non possedevano alcun bene, e si trasferirono nelle periferie delle città per organizzare una nuova vita. Per questa gente, povera ma libera, la musica e la danza diventarono ben presto un modo di essere e di vivere. Gli ex-schiavi non possedevano strumenti musicali. Per riprodurre i suoni usavano qualunque cosa: Cha cha cha. La figura caratteristica di questo ballo è lo chassè che consiste in una serie di tre passi, il secondo dei quali chiude sul piede fermo. I primi due passi dello chassè si ballano su due mezzi battiti che vengono fuori dividendo a metà il battito contraddistinto dal numero 4. Poiché il tempo è 4/4 e la battuta musicale ha l'accento sul primo battito. Il principiante deve avvicinarsi a questo ballo iniziando dallo chassè. Lo deve eseguire tante volte a destra e a sinistra fino ad assimilare lo stile adatto: le anche si devono spostare nella direzione del piede che conduce, verso destra o verso sinistra. Poiché il cha cha cha può essere eseguito anche avanti e dietro (lock) il movimento delle anche deve essere effettuato come sopra. Quando la esecuzione dello chassè diventa disinvolta è facile inserire lo stesso nelle varie figure di base. Esistono 4 differenti ipotesi sul significato letterale dell'espressione "Cha Cha Cha": Al passo base seguono solitamente diverse altre figure per realizzare una sequenza di base, quali "New Yorker", "Spot Turn", "Mano nella Mano", "Alemana" Paso doble. Tradotto alla lettera significa: passo doppio. Il nome originale era pas a dos = passo a due. Le figure costruite per questo ballo sono di grande spessore artistico, tutte ispirate alle azioni del torero nella lotta contro il toro. Non è facile ballare il paso doble se non si entra nello spirito giusto. La coppia deve essere motivata ed esprimere energia. In questa danza sono coinvolte tutte le parti del corpo: le gambe, le mani, lo sguardo, il volto nel suo insieme. Il cavaliere deve dimostrare carattere e forza fisica notevoli. Il corpo della dama deve essere scattante: docile e nervoso. È una danza spagnola nata nei primi anni del 1900 nell'ambiente culturale e sociale delle arene. Le figure coreiche sono però una costruzione che è venuta cronologicamente dopo, rispetto alla musica. In pratica, inizialmente, si trattava di una particolare base musicale che accompagnava la sfilata delle quadriglie negli spettacoli di corrida. La musica era potente, molto ritmata e coinvolgente: il semplice passo di camminata diventava una marcia militare. Uno squillo di tromba annunciava l'inizio della esecuzione musicale. Nel corso degli anni il paso doble ha assimilato anche diverse figure appartenenti al flamenco e ha elevato a figura-simbolo il sur place che impone di battere il tacco ad ogni chiusura di piedi. Nel 1954 fu inserito nella disciplina Danze latino-americane. Samba. Sulla derivazione del termine samba prendiamo in considerazione due ipotesi: Samba deriva da zampo, una denominazione che serviva ad identificare due categorie di brasiliani: Samba deriva da semba che è il particolare movimento del bacino di alcuni balli tipici dell'Angola portoghese. In Brasile si usò il termine samba per indicare il modo di ballare degli schiavi importati dall'Angola e dal Congo e utilizzati nelle piantagioni di canna da zucchero. Il samba fu inserito nelle danze da competizione (disciplina latino-americane) dopo aver acquisito una forma compiuta: da un lato, addolcendosi sul piano musicale fino a scendere alle attuali 50-52 battute al minuto; dall'altro, attraverso la codificazione di figure compatibili, molte delle quali di notevole pregio artistico e coreografico. I movimenti caratteristici di questo ballo sono: Samba Bounce Action (Walter Laird); Pendulum motion. Jive. Il jive è il ballo più movimentato fra le danze latino-americane. Il suo ritmo è frenetico, le sue figure richiedono stile, resistenza fisica, forza ed elasticità. L'uso delle mani ha un ruolo determinante non inferiore a quello dei piedi. Si tratta degli otto passetti ballati e contati con la classica tecnica del jive appunto: sinistro dietro per il cavaliere + destro che batte sul posto contando 1, 2 3 & 4 sinistro-destro-sinistro in chassè laterale 5 & 6 destro-sinistro-destro in chassè laterale Su ritmi fortemente sincopati furono inizialmente create due figure particolari: due passi in controtempo (piede sinistro cavaliere, destro dama; e viceversa) il break-away: la dama eseguiva una separation ed un riavvicinamento, senza lasciare la presa del cavaliere. Nella sua prima formulazione, il jive fu ballato esclusivamente da danzatori neri. Successivamente fu ripreso dai bianchi che vi aggiunsero numerose figure e vi apportarono modifiche tecniche che ne complicarono e appesantirono l'esecuzione. Dopo la seconda guerra mondiale, con l'evoluzione del jazz verso il bebop, il break-away diventò la base del rock 'n' roll (non a caso un passo fondamentale è chiamato proprio 'rock').Il jive fu sottoposto ad una serie di revisioni e perfezionamenti stilistici che ne hanno fatto uno dei balli ancor oggi più prestigiosi a livello internazionale. Agonismo. La danza latino-americana viene praticata anche a livello agonistico. Per quanto riguarda l'Italia (in particolare la Federazione Italiana Danza Sportiva, unica riconosciuta dal CONI) troviamo una suddivisione di categorie e classi a seconda, rispettivamente, dell'età e del livello di preparazione della coppia, come di seguito: Per passare da una categoria all'altra, vengono disputate delle gare a ognuna delle quali a seconda del piazzamento raggiunto vengono attribuiti un certo numero di punti, che permettono l'accesso a una Ranking List (una lista di punteggi). L'Italia viene divisa in tre settori (Nord, Centro, Sud), ognuno dei quali ha una propria Ranking List, fatta eccezione per la classe A di ogni categoria.Infatti per questa classe la ranking list è unica e non divisa in settori come per le classi minori. In base al risultato di diverse gare ufficiali, ogni coppia acquisisce un determinato punteggio che permette di stilare la Ranking List. Tanto più alta è la posizione raggiunta in una gara, tanto più alto sarà il punteggio acquisito. In base ai punteggi ottenuti e ai risultati del Campionato Italiano, accederanno alla classe successiva un numero di coppie definito dal regolamento. Le Federazioni Internazionali sono la WDSF (World Dance Sport Federation) e la WDC (World Dance Council), tuttavia, i tesserati FIDS possono competere a sole competizioni WDSF (in base al regolamento), questo fino al febbraio 2017 con l'abolizione dell'Articolo che negava questa libertà. Le categorie Usate possono essere anche le seguenti: Under 8 - Under 10 - Under 12 - Under 14 - Under 16 - Under 19 - Under 21 - Over 16 - Over 30 - Over 40 - Over 50 - Over 60 - Over 70 Le Classi sono anche divise per livello di apprendimento della disciplina, ossia di quale livello si includono le figurazioni:
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Indoeropei
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Ioniche
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Gallia Narbonese
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Sugna
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Liptovská Teplička Liptovská Teplička (in ungherese "Teplicska", in tedesco "Zeplitschke") è un comune della Slovacchia facente parte del distretto di Poprad, nella regione di Prešov. Il villaggio fu menzionato per la prima volta nel 1634.
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Biblioteca Roncioniana La Biblioteca Roncioniana è un'istituzione culturale di Prato, situata in un edificio storico in piazza San Francesco. Storia. L'edificio che ospita la biblioteca fu appositamente costruito a metà Settecento in eleganti forme barocchette, con elaborati stucchi nel cornicione e sotto i terrazzini; in precedenza la biblioteca pubblica, fondata grazie a un lascito testamentario di Marco Roncioni (1596-1677) e aperta al pubblico nel 1722, aveva avuto sede in via Muzzi, nell'antico palazzo vescovile. Il primo progetto per la nuova sistemazione della biblioteca venne redatto già nel 1715, da Anton Maria Ferri, ma non venne attuato. Seguirono i piani di Giovanni Battista Bettini, Pietro Paolo Giovannozzi, Antonio Berardi, e infine quello di Alessandro Saller (1746) che venne finalmente messo in opera, non prima però di aver acquistato dal monastero di Santa Trinita i terreni già della famiglia Bidori nel 1751 (inizialmente sarebbe dovuto sorgere sull'altro lato della piazza, accanto alla chiesa di San Francesco, ma l'affare non si concretizzò). L'edificio fu completato entro il 1766, con modifiche al progetto del Saller da parte dei capomastri Anton Francesco Arrighi e Stefano di Rigo. Descrizione. Esterno. Palazzo Roncioni si presenta con una facciata aperta su piazza San Francesco, composta su sei assi di finestre su due piani sopraelevati, dotata di due portali e racchiusa ai lati da spigoli a bugne in arenaria con profilo dentato. Le finestre del piano terra hanno il timpano spezzato con conchiglia in stucco al centro, quelle del primo piano un profilo curvilineo, e quelle del secondo hanno la mostra conclusa da una cornice curvilinea che racchiude un cartiglio. I portali, simmetrici, sono racchiusi da lesene ai lati e sormontati da altrettanti balconcini a balausitrini; sopra i portali si trovano cartigli in stucco creati da Stefano Arrighi su disegno di Stefano Catani; il portale di sinistra oggi ospita un esercizio commerciale, mentre quello di destra introduce al vestibolo e alla scalinata che porta alla biblioteca. Il cornicione è "alla romana", con cartigli alternati a coppie di mensole con volute. Su via rinaldesca si ripete lo stesso schema per tre assi. Interno. L'atrio d'ingresso presenta quadrature settecentesche di Stefano Catani (1763), con la parete di fondo ornata dal raro rilievo di "Tobiolo e l'angelo" di Andrea della Robbia (1475 circa), proveniente dal convento di Santa Margherita e qui trasferito dopo le soppressioni del vescovo Scipione de' Ricci. Da qui si accede al piano superiore con un ampio scalone, la cui aula è decorata da stucchi e da altre quadrature, in parte nascoste da una tinteggiatura uniforme, ma che riaffiorano qua e là con de saggi, e che mostrano due grandi prospettive al piano superiore, vestibolo della biblioteca. Qui si trovano anche i busti di Giovanni Battista Casotti e, sulla porta dell'aula di lettura, di Marco Roncioni, quest'ultimo di Matteo Arrighi (1766). La sala di lettura si presenta come un ampio salone a doppia altezza, coperto da volta a botte ribassata e unghiata e illuminato da cinque finestroni e altrettante finestre, che dall'esterno corrispondono alle aperture rispettivamente del primo e del secondo piano. La volta è decorata dall'affresco di "Pallade che strappa l’Adolescenza agli ozi di Venere", opera giovanile di Luigi Catani (1789), che qui copia un soffitto di Pietro da Cortona a palazzo Pitti. Le pareti presentano scaffalature su due livelli (con ballatoio retto da colonne ioniche di gusto neoclassico, realizzate da Antonio Elmi nel 1789-92). Nella sala si trovano due rari globi celeste e terrestre di Mercatore, datati rispettivamente 1551 e 1541, che furono donati dalla famiglia Gherardi. Lungo gli sguanci delle finestre si trovano alcuni frammenti di iscrizioni latine (provenienti da Roma), mentre sono state collocate in un'altra saletta (quella "del Direttore") due urnette funerarie etrusche istoriate (III-II secolo a.C.), provenienti dal territorio di Prato. Queste antichità facevano parte nel Settecento della collezione di Giovanni Battista Casotti. Tra le collezioni librarie della biblioteca spicca la sezione locale, con la maggiore raccolta di scritti sulla cultura e la storia pratese, arricchita dai contributi di molti scrittori pratesi del Sette e Ottocento e dai manoscritti originali di Cesare Guasti.
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Alexander Bălănescu Biografia. Figlio di Ion e Similica, già a nove anni si esibiva a suonare in pubblico. Nel 1969, a causa della dittatura di Ceaușescu, emigra con tutta la famiglia dalla Romania in Israele fino a quando, raggiunta l'età per il servizio militare, obbligatorio in Israele, si trasferisce in Gran Bretagna. Qui la sua carriera di musicista, fino ad allora di formazione classica, si incontra con le avanguardie inglesi e conclude poi i suoi studi alla prestigiosa Juillard School di New York con i docenti Dolly Korizer e Dorothy Delay. Conosce Michael Nyman e incomincia nel 1976 a suonare nella Michael Nyman Band, dov'era primo violino e membro fondatore. Suona tra il 1983 e il 1986 nel "Quartetto Arditti" e diviene egli stesso nel tempo un grande rappresentante della musica contemporanea formando nel 1987 il quartetto di archi che porta il suo nome. Si contraddistingue così come compositore e arrangiatore e ottimo esecutore. Compone una musica classica nuova che cerca di essere più accessibile e comunicativa ai tempi di oggi. Incominciando dal suo lavoro intitolato "Luminitza", cerca di mescolare nella sua musica anche i suoni della musica folkloristica della sua terra, cosa che lo ha portato a collaborare con il gruppo ungherese dei Muzsikas e con la cantante Márta Sebestyén. È un artista poliedrico ed eclettico, avendo collaborato con musicisti molto differenti tra loro come Carla Bley, Gavin Bryars, Jack DeJohnette, John Lurie, Andy Shepard e John Surman, ma anche con gruppi pop come i Pet Shop Boys, la Yellow Magic Orchestra o i To Rococo Rot. Ha scritto anche musica per il cinema, tra cui le colonne sonore del film "Il partigiano Johnny" di Guido Chiesa e di "Angeli e insetti" di Philip Haas.
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Santi Martiri dell'Uganda
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Bruno Osimo Biografia. Laureato all'Università di Tartu con Peeter Torop, ha conseguito il dottorato all'Università degli Studi di Milano; da allora si è dedicato allo studio della traduzione a partire da una prospettiva semiotica, in particolare studiando le fasi mentali del processo traduttivo e la valutazione della qualità della traduzione. È docente di traduzione presso la Civica Scuola Interpreti e Traduttori "Altiero Spinelli" .
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Stella Dallas (film 1925) Stella Dallas è un film drammatico statunitense del 1925, adattato dalla celebre sceneggiatrice hollywoodiana Frances Marion da un libro di Olive Higgins Prouty, un bestseller uscito nel 1923. Fu il primo film girato negli Stati Uniti dalla giovane Lois Moran cui fu affidato il ruolo di Laurel, la figlia di Stella Dallas. All'epoca del film, Douglas Fairbanks (junior) aveva soltanto 15 anni. La pellicola ebbe un remake nel 1937 con il film "Amore sublime ": la regia era di King Vidor con Barbara Stanwyck nel ruolo di Stella Dallas. Trama. Stella Dallas è una giovane ragazza di provincia che subisce un forte colpo alla morte del padre. Per risollevarsi dalla sua disperazione sposa, forse troppo in fretta, l'altolocato Stephen, con il quale non ha nulla in comune. Dopo la nascita della figlia, Laurel, i due coniugi si separano e prendono strade diverse. Stephen fa ritorno a New York ma presto Stella si rende conto che sua figlia non avrà mai buone possibilità di crescere in maniera sana se resterà con una madre sola e incapace a badare a lei. A prezzo di un grande sacrificio, Stella deciderà di mandare Laurel a vivere con suo padre e con la sua nuova famiglia e di separarsi per sempre da lei, pur di darle una reale speranza di vita migliore. Produzione. Il film fu prodotto dalla Samuel Goldwyn Company Distribuzione. Distribuito dall'United Artists, il film venne presentato da Samuel Goldwyn in prima il 16 novembre 1925 all'Apollo Theatre di New York. Copia del film è conservata in un positivo 16 mm.. La Sunrise Silents lo ha distribuito in DVD il 21 settembre 2005 in una versione di 106 minuti, in un B/N colorato, insieme a "Dash Through the Clouds", cortometraggio di 9 minuti, e a un episodio del serial "Mystery of the Double Cross".
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Nucleo caudato
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Putamen Il putamen (dal latino "putamen", «guscio di noce») è una struttura tondeggiante situata alla base del telencefalo. Il putamen e il nucleo caudato formano insieme lo striato dorsale. È anche una delle strutture che compongono i gangli della base. Attraverso vari percorsi, il putamen è collegato alla substantia nigra, al globo pallido, al claustro e al talamo, oltre a molte regioni della corteccia cerebrale. Una funzione primaria del putamen è regolare i movimenti a vari stadi (ad es. preparazione ed esecuzione) e influenzare vari tipi di apprendimento. Impiega GABA, acetilcolina e encefalina per svolgere le sue funzioni. Il putamen svolge anche un ruolo nei disturbi degenerativi neurologici, come la malattia di Parkinson. Anatomia. Il putamen è una struttura del proencefalo. Insieme al nucleo caudato forma lo striato dorsale. Il caudato e il putamen contengono gli stessi tipi di neuroni e circuiti - molti neuroanatomisti considerano lo striato dorsale una singola struttura, divisa in due parti da un grande tratto di fibra, la capsula interna, che lo attraversa al centro. Il putamen, insieme al globo pallido, costituisce il nucleo lenticolare. Il putamen è la porzione più esterna dei gangli della base, un gruppo di nuclei nel cervello che sono interconnessi con la corteccia cerebrale, il talamo e il tronco encefalico. I gangli della base comprendono lo striato dorsale, la substantia nigra, il nucleus accumbens e il nucleo subtalamico. Nei mammiferi, i gangli della base sono associati al controllo motorio, alla cognizione, alle emozioni, all'apprendimento. I gangli della base sono situati bilateralmente e hanno divisioni rostrali e caudali. Il putamen si trova nella divisione rostrale come parte dello striato. I gangli della base ricevono input dalla corteccia cerebrale, attraverso lo striato. Il putamen è collegato prevalentemente alle seguenti strutture: Nucleo caudato. Il caudato lavora con il putamen per ricevere l'input dalla corteccia cerebrale. Collettivamente, possono essere considerati "l'ingresso" ai gangli della base. Le proiezioni dal putamen raggiungono il caudato direttamente attraverso i ponti caudolenticolari grigi. Il putamen e il caudato sono collegati congiuntamente con la substantia nigra, tuttavia il caudato invia più densamente alla substantia nigra "pars reticulata", mentre il putamen invia più afferenti al globo pallido interno (GPi). Substantia nigra. La substantia nigra contiene due parti: substantia nigra "pars compacta" (SNpc) e substantia nigra "pars reticulata" (SNpr). La SNpc riceve input dal putamen e dal caudato e restituisce le informazioni a queste strutture. Anche la SNpr ottiene input dal putamen e dal caudato. Tuttavia, invia l'input all'esterno dei gangli della base per controllare i movimenti della testa e degli occhi. La SNpc produce dopamina, che è fondamentale per i movimenti. La SNpc è la parte che degenera durante la malattia di Parkinson. Globo pallido. Il globo pallido contiene due parti: il globo pallido pars externa (GPe) e il globo pallido pars interna (GPi). Entrambe le regioni acquisiscono input dal putamen e dal caudato e comunicano con il nucleo subtalamico. Tuttavia, il GPi invia soprattutto un output inibitorio GABAergico al talamo. Il GPi invia anche proiezioni a parti del mesencefalo, che presumibilmente influenzano il controllo della postura. Fisiologia. Circuiti neuronali. Il putamen (e lo striato in generale) ha numerosi circuiti paralleli che consentono la comunicazione cortico-subcortico-corticale. Questi sono stati descritti, in generale, come percorsi diretti, indiretti e iperdiretti. Le proiezioni GABAergiche del putamen hanno un effetto inibitorio sul talamo. Le proiezioni talamiche hanno un effetto eccitatorio sul putamen. A differenza del talamo, che ha un'ampia connettività reciproca, le proiezioni corticali del putamen sono afferenti, quindi inviano informazioni ma non le ricevono. La comunicazione corticale è realizzata tramite percorsi multi-fibra, cioè attraverso altre strutture sottocorticali. Dopamina. La dopamina ha un ruolo dominante nel putamen, e la maggior parte di essa è fornita dalla substantia nigra. Quando il corpo cellulare di un neurone (nei nuclei putamen o caudato) attiva un potenziale d'azione, la dopamina viene rilasciata dal terminale presinaptico. Poiché le proiezioni dei nuclei di putamen e caudato modulano i dendriti della substantia nigra, la dopamina influenza la substantia nigra, che influenza a sua volta la pianificazione motoria. Questo stesso meccanismo è coinvolto nella tossicodipendenza. Al fine di controllare la quantità di dopamina nella fessura sinaptica e la quantità di dopamina nei terminali post-sinaptici, i neuroni dopaminergici presinapici eseguono la ricaptazione della dopamina in eccesso. Altri neurotrasmettitori. Il putamen ha anche un ruolo nella modulazione di altri neurotrasmettitori. Rilascia GABA, encefalina, sostanza P e acetilcolina. Riceve serotonina e glutammato. Funzioni. Controllo del movimento. Il putamen è interconnesso con molte altre strutture, e opera di concerto con esse, influenzando svariati tipi di comportamento motorio. Essi includono la pianificazione del movimento, l'apprendimento e l'esecuzione dello stesso la preparazione dei movimenti, l'ampiezza, e le sequenze motorie. Alcuni neurologi ipotizzano che il putamen abbia un ruolo anche nella selezione del movimento (Sindrome di Tourette) e nella esecuzione "automatica" dei movimenti precedentemente appresi (malattia di Parkinson).. In uno studio è stato trovato che il putamen controlla il movimento degli arti. L'obiettivo di questo studio era di determinare se una particolare attività cellulare nel putamen dei primati fosse correlata alla direzione del movimento degli arti o alla sottostante attività muscolare. Due scimmie sono state addestrate per eseguire compiti che implicavano il movimento di carichi. I compiti sono stati creati in modo che il movimento potesse essere distinto dall'attività muscolare. I neuroni nel putamen sono stati selezionati per il monitoraggio solo se erano correlati sia al compito che ai movimenti delle braccia al di fuori del compito. È stato dimostrato che il 50% dei neuroni che sono stati monitorati erano legati alla direzione del movimento, indipendentemente dal carico. Un altro studio è stato condotto per studiare l'estensione e la velocità del movimento utilizzando la mappatura PET del flusso sanguigno cerebrale regionale (rCBF) in 13 esseri umani. Le attività di movimento sono state eseguite con un cursore controllato da un joystick. Sono stati eseguiti test statistici per calcolare l'estensione dei movimenti e a quali regioni del cervello si correlano i movimenti. Si è riscontrato che "l'aumento dell'estensione del movimento era associato ad aumenti paralleli del rCBF nei gangli basali bilaterali (BG, putamen e globus pallidus) e nel cervelletto ipsilaterale". Questo non solo mostra che il putamen influenza il movimento ma mostra anche che il putamen si integra con altre strutture per svolgere tale compito. Un terzo studio è stato condotto per indagare in modo specifico come i gangli della base influenzano l'apprendimento dei movimenti sequenziali. Due scimmie sono state addestrate a premere una serie di pulsanti in sequenza. I compiti utilizzati sono stati progettati per poter monitorare le attività ben apprese rispetto ai nuovi compiti. È stato iniettato muscimolo in varie parti dei gangli della base e si è scoperto che "l'apprendimento di nuove sequenze è diventato carente dopo le iniezioni nel caudato anteriore e nel putamen, ma non nel putamen medio-posteriore". Ciò mostra che diverse aree dello striato vengono utilizzate quando si eseguono vari aspetti dell'apprendimento dei movimenti sequenziali. Apprendimento. Insieme a vari tipi di movimento, il putamen influenza anche l'apprendimento per rinforzo e l'apprendimento implicito. Apprendimento per rinforzo significa interagire con l'ambiente e selezionare le azioni per massimizzare il risultato. L'apprendimento implicito è un processo passivo in cui le persone sono esposte alle informazioni e acquisiscono conoscenza attraverso l'esposizione. Sebbene i meccanismi esatti non siano noti, è chiaro che i neuroni dopaminergici e quelli tonici svolgono un ruolo chiave. I neuroni tonici sono gli interneuroni colinergici che sparano durante l'intera durata dello stimolo, con una frequenza di circa 0,5-3 impulsi al secondo. I neuroni fasici sono l'opposto e attivano un potenziale d'azione solo quando si verifica un movimento.
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Deianira presta ascolto alla Fama Deianira presta ascolto alla Fama è un dipinto a olio su tela (245x168 cm) realizzato nel 1638 circa dal pittore Pieter Paul Rubens. È conservato nella Galleria Sabauda di Torino. Questa tela è un pendant di un altro dipinto di Rubens, "Ercole nel giardino delle Esperidi". La donna raffigurata è Deianira, sposa di Ercole. Il quadro era noto anche come "Deianira che consegna alla Furia la fatale tunica", infatti di fianco a lei è presente una donna che assomiglia ad una Furia che tiene in mano la tunica macchiata di sangue.
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Vergine che consegna la pianeta a sant'Ildefonso La Vergine consegna la pianeta a sant'Ildefonso è un dipinto a olio su tela (165x115 cm) realizzato nel 1623 dal pittore Diego Velázquez. È conservato nella collezione permanente del Centro Velásquez di Siviglia all'interno dell'Hospital de los Venerables.
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Ritratto di Madame de Pompadour Ritratto di Madame de Pompadour è un dipinto a olio su tela (91x68 cm) realizzato nel 1759 dal pittore francese François Boucher. Il dipinto, ultimo di una serie di sette ritratti dedicati alla stessa dama, venne esposto dapprima alla Reggia di Versailles, per poi passare al fratello di Madame de Pompadour. Oggi è conservato nella Wallace Collection di Londra Descrizione. Raffigura Madame de Pompadour, favorita del re Luigi XV di Francia. La donna è ritratta secondo il gusto raffinatissimo dell'epoca incarnando quei canoni di bellezza ed eleganza assoluti che le genti colte e facoltose cercavano spasmodicamente di raggiungere. L'abito, ricchissimo e leggero in taffetà di seta con profusione di merletti è come una nuvola spumeggiante serrato attorno al corsetto. Madame de Pompadour appare in un'aria colta e raffinata, vera prima donna della grande corte francese che col suo gusto sublime influenzò le arti (pittura, architettura, musica e soprattutto la moda) del tempo contribuendo allo sviluppo dello stile Rococò e a fare della Francia il vero faro dell'Europa del tempo. Sullo sfondo è dipinta una scultura che rappresenta l'amore e l'amicizia. Sulla panchina è seduto un cane, identificato come Inès, nei ritratti femminili la presenza di un cane (in questo caso un piccolo Papillon razza francese da compagnia) era spesso simbolo di fedeltà coniugale.
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Honfleur, una sera, foce della Senna Honfleur, una sera, foce della Senna (Honfleur, un soir, embouchure de la Seine) è un dipinto a olio su tela (64,2x80 cm) realizzato nel 1886 dal Georges-Pierre Seurat; raffigura un tramonto in toni grigi della marina di Honfleur, suggerendo un'atmosfera di suggestiva malinconia È conservato nel Museum of Modern Art di New York. I quadro venne dipinto in estate quando il pittore decise di fare un viaggio nella località raffigurata, con l'intento di svilupparne una serie di tele raffiguranti la medesima in diversi momenti della gioia Tra il 1889 ed il 1890 Seurat dipingerà la cornice di sei centimetri.
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Nucleo subtalamico Il nucleo subtalamico, detto anche corpo di Luys, si trova nel diencefalo. È considerato essere parte integrante dei Circuiti della Base, in particolare della via indiretta. È in contatto con la capsula interna (ovvero quella parte di sostanza bianca del diencefalo in cui passano le vie sensitive e motorie). È costituito da interneuroni GABAergici, inibitori, e da neuroni di proiezione, eccitatori. Riceve afferenze dalla corteccia cerebrale, del GPe, e substantia nigra. Proietta al GPi, Putamen, Nucleo Caudato. La sua lesione dà origine ad una sindrome chiamata emiballismo che consiste in bruschi movimenti alla radice degli arti (in particolare l'arto superiore) che viene proiettato di lato. Le sue proiezioni sono dirette per la maggior parte al globo pallido mediale (interno), ed alcune al globo pallido laterale (esterno). Le prime registrazioni elettriche intracellulari dei neuroni subtalamici sono state eseguite utilizzando elettrodi affilati in una preparazione di fetta di ratto. In queste registrazioni sono state fatte tre osservazioni chiave, tutte e tre le quali hanno dominato i rapporti successivi sulle proprietà di attività di neuroni subtalamici. La prima osservazione è stata che, in assenza di iniezione corrente o stimolazione sinaptica, la maggior parte delle cellule si attivava spontaneamente. La seconda osservazione è che queste cellule sono in grado di sparare transitoriamente a frequenze molto alte. La terza osservazione riguarda i comportamenti non lineari quando le cellule sono transitoriamente depolarizzate dopo essere state iperpolarizzate al di sotto di –65mV. Sono quindi in grado di attivare correnti di calcio e sodio voltaggio-dipendenti per generare esplosioni di potenziali d'azione. Diversi studi recenti si sono concentrati sulla capacità di pacemaking autonomo dei neuroni subtalamici. Queste cellule sono spesso chiamate "pacemaker a picchi rapidi", poiché possono generare potenziali d'azione spontanei a velocità comprese tra 80 e 90 Hz nei primati. È probabile che l'attività oscillatoria e sincrona sia un tipico pattern di scarica nei neuroni subtalamici registrato da pazienti e modelli animali caratterizzati dalla perdita di cellule dopaminergiche nella substantia nigra pars compacta, che è la principale patologia alla base della malattia di Parkinson.
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1,706,708,677.141242
Cavalieri di Gerusalemme
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Insegne militari romane Le insegne militari romane erano stendardi per distinguere le varie unità di fanteria e cavalleria dell'esercito romano. Venivano utilizzate per costituire un punto fermo per le truppe in marcia, svolgendo anche un importante ruolo nella trasmissione di informazioni sul campo di battaglia. Storia. Ripresa dalla tradizione etrusca, essa era composta da un'asta di legno o di metallo, e all'estremità più alta era presente un drappo, solitamente purpureo, e, più in alto, una piccola statua di un animale, in genere di metallo, che raffigurava l'emblema della compagnia. In essa erano di solito raffigurati animali predatori come aquile, leoni, pantere. Sesto Pompeo Festo, lessicografo e grammatico romano del II sec. d.C., scriveva che, nei passati tempi repubblicani, nell'ordine di importanza degli animali raffigurati nelle insegne militari al quinto posto c'era la scrofa, perché allora, quando si firmava la pace con il nemico, si usava uccidere una scrofa e banchettarne con lui. L'insegna era l'emblema della legione romana e veniva protetto perché non cadesse in mani nemiche: la sua perdita o distruzione simboleggiava infatti la disfatta della legione. Tipologie. Vi erano poi insegne specifiche per meglio definire le singole unità militari:
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Dottor Zoidberg Il dottor John A. Zoidberg è un personaggio della serie animata "Futurama", un alieno del pianeta Decapod 10. Il personaggio. Assomiglia ad un grosso astice antropomorfo con la testa che ricorda una seppia, specie per la fila di tentacoli digitiformi che gli nasconde la bocca, anche se nel corso della serie gli autori gli hanno attribuito capacità delle più varie creature marine, come il getto d'inchiostro delle piovre o la capacità di creare perle. Nell'episodio "Mobius Dick" della sesta stagione si scopre che, quando è follemente spaventato, gli cresce una folta chioma di capelli castani, che diventano immediatamente bianchi per la paura. In una puntata, quando ringiovanisce (insieme agli altri protagonisti), si scopre che il processo di crescita della sua specie presenta numerose metamorfosi dall'aspetto di svariate creature marine, tra cui trilobite, ostrica e polipi dei celenterati. Dimostra numerose volte di poter respirare sott'acqua per un periodo indefinito. Responsabile medico della Planet Express, non ha la minima conoscenza di anatomia umana: per questo non è riuscito a diventare un ricco dottore, come nei suoi sogni. Durante la prima stagione si stupisce di scoprire che è Bender il robot e non Fry, come aveva sempre creduto fino a quel momento. Nonostante tutto conosce molto bene l'anatomia aliena, come afferma la stessa Mamma, con cui sembra essere in confidenza a tal punto da chiamarla con il vero nome, e dimostra stranamente di avere competenze in alcuni campi della chirurgia, come dimostrato in "San Valentino decollato", in cui salva Fry attaccando la sua testa al corpo di Amy a seguito di un incidente spaziale, o ne "Il colpo grosso di Bender" in cui dimostra di saper suturare e riattaccare parti del corpo staccate ripristinando tutte le facoltà motorie (come la mano dl Professor Farnsworth o la testa di Hermes); altri due casi in cui dimostra di saper essere un ottimo dottore sono riscontrabili in "Capra al curry", in cui ricostruisce completamente il corpo di Hermes Cornrad dopo che aveva preso la mania di sostituirlo con parti meccaniche rimettendogli addirittura il cervello (anche se non aveva risistemato bene i nervi), e in "Puzza e sentimento", dove trapianta un naso nuovo alla sua ragazza, ripristinandole le facoltà olfattive. In "Guerra dell'altro mondo" diventa il medico del campo base militare dove sono stati inviati Fry e Bender dopo essere stati arruolati, mentre ne "Il grande Da Vinci" Zoidberg afferma di avere una dottorato in storia dell'arte. Vorace divoratore di qualsiasi cosa, commestibile o meno, è un vecchio amico del professor Farnsworth: i due si conobbero quando entrambi lavoravano sotto le direttive di "Mamma", quest'ultima li mandò in una spedizione alla ricerca dello Yeti tritoniano che Zoidberg avrebbe dovuto sventrare, lo Yeti graffiò Farnsworth e lui contrasse la malattia nota come "ipermalaria tritoniana", che può uccidere all'istante o rimanere latente per anni, infatti si scopre che il professore assunse Zoidberg perché si erano fatti la promessa che il medico avrebbe effettuato l'eutanasia non appena i sintomi si manifestassero; il professore comincia a manifestare i sintomi ma Zoiberg non lo uccide perché capisce che ciò che affligge il professore è una malattia chiamata "yetismo", che presenta gli stessi sintomi. Grazie a un rimedio datogli da Mamma, Zoidberg cura Farnsworth. Se è molto arrabbiato gli cresce una cresta, stessa cosa quando sta per succedere qualcosa di grave o anche durante il suo periodo riproduttivo in cui in più diventa violento, e deve recarsi nel suo pianeta natale per accoppiarsi (senza successo, fortunatamente, dato che si scopre che gli esemplari maschili della sua specie muoiono dopo l'accoppiamento). Una volta, accompagnato dai suoi colleghi, accecato dall'amore ha sfidato e quasi ucciso il suo amico Fry (chiara citazione dell'episodio "Il duello" di Star Trek, serie classica). Il duello tuttavia si prolunga troppo facendogli perdere la frenesia del suo pianeta. Indirettamente, Fry, Leela e Bender gli hanno salvato la vita. Suo zio è Harold Zoid, vecchio interprete di Olo-film comici muti, chiaramente ispirato a Harold Lloyd. In un episodio della terza stagione ("Un gambero da ridere") manifesta una forte determinazione ad abbandonare l'attività di medico a favore di una carriera da attore comico; per coronare questo sogno si rivolge allo zio attore, ed insieme organizzano (con l'aiuto di Bender ed il finanziamento di Calculon) le riprese di un lungometraggio basato su un copione (pseudo-drammatico) dello stesso Harold Zoid, che però si rivela un flop. Le caratteristiche che lo contraddistinguono sono la perenne solitudine, giustificata dalla sua povertà e dal ribrezzo che ispira alla gente, l'involontaria ma catastrofica goffaggine, che lo porta a distruggere o danneggiare ogni oggetto (o, data la sua professione, paziente) su cui mette "le chele", e l'attitudine a divorare qualsiasi cosa a prescindere dalla sua commestibilità. Il suo nome, come molti altri in Futurama, deriva da un videogioco degli anni ottanta, creato proprio da David X. Cohen.
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Morte di Argo La Morte di Argo è un dipinto a olio su tavola (249x300 cm) realizzato tra il 1610 ed il 1611 dal pittore Pieter Paul Rubens. È conservato nel Wallraf-Richartz Museum di Colonia. Il quadro raffigura un episodio mitologico tratto dalle "Metamorfosi (Ovidio)" di Ovidio.
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Futurama Futurama è una serie animata statunitense ideata da Matt Groening e trasmessa da Fox dal 1999 al 2003. Ha ricevuto due revival, il primo su Comedy Central dal 2008 al 2013 e il secondo su Hulu dal 2023. In Italia è stata trasmessa da Italia 1 e Fox. La serie è ambientata nella New York del 31º secolo (chiamata in italiano Nuova New York e in inglese New New York) e racconta le avventure di Philip J. Fry, fattorino di una pizzeria che finisce accidentalmente in una capsula per il sonno criogenico risvegliandosi mille anni dopo, iniziando così una nuova vita nel futuro. L'elemento caratteristico della serie è rappresentato dalle molte allusioni e parodie ispirate dalla letteratura e cinematografia fantascientifica. Molti spunti umoristici nascono da una visione assurda ed esasperata della tecnologia (che ad esempio ha creato le cabine automatizzate per il suicidio, o l'albero bonsai di macedonia) e di come gli uomini si trovino a convivere con robot e creature aliene che posseggono i loro stessi vizi e virtù. Negli Stati Uniti la serie è andata in onda in un primo momento tra il 1999 e il 2003 su Fox. Successivamente venne rilanciata nel 2007 attraverso quattro film per il mercato home video, che vennero poi proposti da Comedy Central come quinta stagione composta da 16 episodi (2008/2009). In seguito venne ordinata una sesta stagione di 26 episodi (2010/2011) e una settima, sempre di 26 episodi (2012/2013). Comedy Central non ha rinnovato la serie per un'ottava stagione, e l'ultimo episodio della settima (il centoquarantesimo) è andato in onda il 4 settembre 2013. Il 9 febbraio 2022 viene annunciato il revival della serie composto da 20 episodi, di cui solo i primi 10 in arrivo dal 24 luglio 2023 (a cadenza settimanale) sulle piattaforme streaming Hulu e Disney+. Il taglio ha avuto luogo in seguito allo sciopero degli sceneggiatori (indetto dalla mezzanotte del 2 maggio 2023), che ha portato a rimandare il secondo ciclo di episodi a data da destinarsi. L'8 settembre 2023, viene rivelato che il trailer dei successivi 10 episodi della stagione 8 (indicata come dodicesima stagione) sarà ufficialmente presentato durante il New York Comic-Con, che si svolgerà dal 12 al 15 ottobre 2023, oltre a suggerire una trasposizione cinematografica per la serie in un prossimo futuro. Il 2 novembre 2023 Hulu rinnova la serie per altre due stagioni composte ognuna da 10 episodi. Trama. New York, 31 dicembre 1999. Il portapizze Philip J. Fry, mentre si trova a consegnare una pizza al laboratorio di criogenia applicata, cade accidentalmente dalla sedia su cui si era seduto pochi secondi prima (dopo aver capito di essere stato fregato), finendo accidentalmente in una delle capsule e rimanendo così congelato per 1000 anni. Uscito dalla capsula il 31 dicembre 2999, conosce Turanga Leela, impiegata del laboratorio che si occupa di trovare lavoro ai nuovi arrivati. Leela, analizzando i discendenti di Fry, gli comunica l'esistenza del suo pro-nipote, il prof. Farnsworth. Appena Fry scopre che sarà obbligato per sempre a fare il fattorino, mestiere che odia, decide di scappare. Durante la fuga, incontra il robot Bender che diventerà poi il suo migliore amico. Leela riesce infine a ritrovare Fry il quale cede e accetta il lavoro. Anche Leela però riconosce che ciascuno ha il diritto di vivere la vita come vuole e decide di dimettersi anch'essa, perché odia il suo lavoro, e scappa insieme a Fry e Bender. Non sapendo cosa fare, i tre si dirigono dal Professor Farnsworth, scoprendo che è il proprietario di un'azienda di spedizioni spaziali, la Planet Express. Il professore assume Leela come capitano della navetta, Bender come robot tuttofare e Fry come fattorino spaziale. Ironia della sorte perché è lo stesso lavoro che Fry faceva nel vecchio millennio, ma che ciò nonostante lo entusiasma, poiché questa volta è un fattorino "spaziale". Gli altri dipendenti della Planet Express, comprimari delle storie, sono: l'assistente Amy Wong, il medico John Zoidberg, il burocrate Hermes Conrad e il custode dell'azienda Scruffy Scruffington. Inoltre compare spesso anche Mordicchio, animale domestico di Leela, i cui escrementi sono in realtà carburante per la navetta. Successivamente si scoprirà che è stato proprio lo stesso Mordicchio a portare Fry nell'anno 3000 per salvare la Terra. La storia di questi personaggi vede un susseguirsi di avventure dovute ai continui viaggi intrapresi nell'universo o a nuove mode presenti nel terzo millennio. Questo escamotage permette a Matt Groening e a David X. Cohen di spaziare in un infinito gioco di paradossi scientifici, matematici e logici, alla base di quasi tutti gli episodi della serie. Il tutto mentre si vivono i continui tentativi di Fry di far innamorare di lui Leela. Episodi. Futurama è composto da un totale di otto stagioni (di cui l'ultima attualmente in corso). A causa di una diversa numerazione da parte dei vari organi di distribuzione si è però creata una certa confusione. I cofanetti in DVD hanno suddiviso la sesta e la settima stagione in due stagioni ciascuna, non considerando invece la quinta (essendo composta da quattro film), mentre le piattaforme di streaming hanno suddiviso il tutto in dieci stagioni (contando così la prima e seconda parte dell'ottava stagione rispettivamente come undicesima e dodicesima). Di seguito le tabelle che illustrano le stagioni e la loro suddivisione nei vari cofanetti DVD: Produzione. Ideazione e sviluppo. L'emittente Fox, verso la metà degli anni novanta, sentì il bisogno di mandare in onda una nuova serie animata per il pubblico. Visto il successo della serie "I Simpson", chiese a Matt Groening di creare una nuova serie animata per Fox: Groening cominciò così a lavorare a "Futurama". Nel 1996 assunse David X. Cohen, sceneggiatore e produttore televisivo (oltre ad aver scritto numerosi episodi de" I Simpson"), per aiutarlo nello sviluppo e nella creazione della serie. I due avevano pensato a una serie futuristica, ma questo richiedeva delle conoscenze fantascientifiche per realizzare il mondo nel futuro. Per creare questo spesero molto tempo in libri di fantascienza, show televisivi e film. Nell'aprile del 1998, Matt Groening e David X. Cohen avevano creato diversi personaggi e molte trame, e successivamente lanciarono la serie su Fox. Groening ha descritto il faticoso lavoro svolto per la serie come la peggiore esperienza della sua vita da adulto. L'idea della serie non piacque immediatamente alla Fox, tanto che il primo episodio, "Pilota spaziale 3000", fu autoprodotta da Groening e solo successivamente approvato dal network, con le spese rimborsate all'autore. Durante il lancio della serie, la Fox ordinò la creazione di tredici episodi. Successivamente, però, l'emittente ipotizzò che i temi di "Futurama" non fossero adatti per la rete; al contrario, Groening sosteneva invece che fossero adatti al network. Infatti la Fox pensava che il concetto delle cabine suicidio e dei comportamenti anti-sociali di Bender e del Dottor Zoidberg non fossero adatti al pubblico. L'episodio "Io, coinquilino" ("I Roommate") è stato realizzato apposta per soddisfare le richieste della Fox. Al network non è piaciuto, ma dopo alcune trattative Groening ha ottenuto l'indipendenza di "Futurama". Il nome Futurama deriva da un padiglione della fiera di New York del 1939. Progettato da Norman Bel Geddes, il padiglione Futurama ha raffigurato come si sarebbe immaginato il mondo nel 1959, cioè 20 anni dopo. Sceneggiatori. La pianificazione di ogni episodio inizia con una riunione di scrittori che, come un gruppo, decidono la trama di ogni episodio. Uno scrittore disegna un singolo fotogramma, creando uno script. Una volta che la stesura dello script è terminata, gli autori si riuniscono per decidere se è corretto. Infine i doppiatori registrano la loro voce in sala doppiaggio per poi sovrapporla ai personaggi. Animazione. Il processo di creazione per un singolo episodio di "Futurama" è stato calcolato tra i sei e i nove mesi, dalla discussione di gruppo degli sceneggiatori all'animazione, di cui è responsabile la Rough Draft Studios. Quest’ultima, per animare la serie, riceve dai produttori la sceneggiatura completa di un episodio oltre alla storyboard realizzata con più di 100 disegni. Dopo aver ricevuto l’episodio, lo studio realizza un’animazione molto approssimata chiamata Animatic disegnata con almeno 1000 fotogrammi. Oltre al tradizionale disegno a storyboard, la Rough Draft Studios usa spesso i CGI (Computer-generated imagery) per scene veloci o complesse, come ad esempio il movimento delle astronavi, le esplosioni, le nebulose e i buchi neri, e le scene dove nevica. Per esempio la sigla di apertura è realizzata interamente con il CGI. Il CGI è un metodo di animazione che viene usato realizzando le scene con il computer e creando una scena con 24 fotogrammi al secondo. I personaggi in CGI hanno un aspetto leggermente diverso e sono disegnate primitivamente con linee che escono dal disegno per sottolineare i tratti particolareggiati dei visi e delle facce. La serie Futurama è stata realizzata a bassa definizione con aspect ratio , soltanto dalla stagione 5 con l’inizio del film la serie è passata ad alta definizione e in . Casting. Il cast principale di Futurama è formato da otto membri. Billy West doppia le voci di Philip J. Fry, del professor Farnsworth, del dottor Zoidberg, di Zapp Brannigan e altri personaggi occasionali. West era stato selezionato per il ruolo di Fry, che però fu dato a Charlie Schlatter, un suo amico. A causa di un cambiamento del cast, il ruolo fu ceduto a Billy West. La voce di Fry fu infatti modificata volontariamente in modo che nessuno potesse copiarla o imitarla. La voce del dottor Zoidberg invece è ispirata a Lou Jacobi e George Jessel. Il personaggio Zapp Brannigan fu creato per essere originariamente doppiato da Phil Hartman. Egli ha insistito fortemente per ottenere il ruolo di Zapp, costringendo addirittura Matt Groening. Nel 1998, Phil Hartman morì assassinato dalla moglie e il ruolo di Zapp Brannigan fu ceduto a Billy West. Egli ha affermato che ha cercato di imitare al meglio la voce di Hartman insieme a quella di alcuni annuciatori "stupidi" conosciuti da lui. Katey Sagal presta la voce esclusivamente al personaggio Turanga Leela, ed è infatti, l'unico membro del cast a doppiare un solo personaggio della serie. Il ruolo di Leela è stato originariamente assegnato a Nicole Sullivan in un'intervista del giugno 2010, Sagal ha inizialmente osservato che era ignara che un'altra persona era selezionata per il ruolo di Leela fin dalla creazione della serie; affermando che ancora oggi riconosce di essere il doppiatore originale. John DiMaggio è il doppiatore del robot Bender Piegatore Rodrìguez e di altri personaggi di ruolo secondario o apparsi solo poche volte. Bender è stato il personaggio più difficile da lanciare con la serie, poiché i creatori non riuscirono a scegliere il giusto tono della sua voce. In origine, DiMaggio fece il provino per il professor Farnsworth usando per il personaggio l'attuale voce di Bender. Provinò anche per Bender ma con voce diversa. DiMaggio descrive la voce di Bender come quella di una persona ubriaca. Tress MacNeille presta la sua voce a Mamma e a personaggi di ruolo minore. Maurice LaMarche invece, presta la voce a Kif Kroker e a vari personaggi di supporto. LaMarche ha vinto l'Emmy Award 2011 per la sua performance dell'alieno Lrrr e Orson Welles nell'episodio "Lrrrinconcigliabili Ndndifferenze". Lauren Tom dà la voce a Amy Wong, mentre Phil LaMarr dà la voce a Hermes Conrad. David Herman doppia personaggi secondari come Scruffy e altri di supporto. Dalla prima alla quarta stagione di Futurama, Maurice LaMarche faceva parte del cast che doppiava i personaggi secondari, mentre Lauren Tom, Phil LaMarr e David Herman erano considerate guest star anche se apparivano in ogni episodio. Loro vennero poi promossi al cast principale tra la quinta e la sesta stagione della serie. Oltre al cast principale le voci sono doppiate da altre persone: Frank Welker dà la voce a Mordicchio, Kath Soucie e Danny Jacobs, invece danno la loro voce a personaggi secondari e di supporto. Come ne "I Simpson", molti episodi ospitano varie persone come guest star: attori, animatori, musicisti e scienziati. Le guest star che sono solite comparire sono: Dawnn Lewis, Tom Kenny, Phil Hendrie, Dan Castellaneta, Coolio, Al Gore, Stephen Hawking e molti altri. La cancellazione da parte della Fox e il ritorno. Matt Groening e David X. Cohen hanno voluto che l'emittente mandasse in onda Futurama alle 20:30 di domenica, seguito da I Simpson, ma l’emittente Fox non era d'accordo sulla decisione. Infatti, voleva che Futurama andasse in onda con due puntate la notte di domenica per spostare successivamente lo spettacolo in modo regolare il martedì. All’iniziare della seconda stagione, però, Futurama è stato nuovamente spostato alle 20:30 di domenica per poi essere spostato a metà stagione alle 19. Questo successe anche con la terza stagione. Anche la quarta era mandata in onda in modo irregolare, questo fatto è stato proprio citato nella sigla dell’ultima puntata “Musica dal profondo” dove il sottotitolo diceva "ci vediamo su un altro canale". Futurama era sempre anticipato da eventi sportivi importanti ed era quindi difficile prevedere quali episodi andavano in onda e soprattutto se andavano in onda. In realtà Futurama non è mai stato cancellato ufficialmente poiché a metà produzione della quarta stagione, Fox ha deciso di smettere di acquistare gli episodi lasciando che Futurama andasse fuori produzione. Nel 2005, l'emittente Comedy Central ha deciso di acquistare i diritti di Futurama. Durante la messa in onda, Comedy Central ha discusso con i produttori della possibilità di produrre nuovi episodi per il canale. L'emittente è riuscita ad ottenere la produzione di quattro film che sarebbero usciti in DVD e in seguito in televisione, divisi in 16 episodi che comprendono la quinta stagione. Poiché non erano previste altre stagioni, il film "" doveva segnare la fine di Futurama (come rappresentato dall'ultima scena del film). Tuttavia, Matt Groening ha rivelato che esprimeva un forte desiderio di continuare la serie come se fosse un film teatrale. In un'intervista con la CNN, Groening ha affermato che loro hanno un grande rapporto con Comedy Central, e che gli piacerebbe produrre nuovi episodi per la rete, ma queste sono solo voci. Nel giugno 2009, 20th Century Fox ha annunciato che Comedy Central aveva rinnovato lo spettacolo con 26 nuovi episodi da mezz'ora che andrebbero a formare la sesta stagione, cominciando ad essere trasmessi dal 24 giugno 2010, mentre in Italia questi episodi sono arrivati due anni dopo su Italia 1. Il gruppo di scrittori è tornato più piccolo del gruppo originale. È stato annunciato, inoltre, che sarebbero tornati i doppiatori: Billy West (doppiatore originale di Fry, del Professore, di Zapp Brannigan e del dottor Zoidberg), John Di Maggio (doppiatore originale di Bender) e Katey Sagal (doppiatrice originale di Leela). Verso la fine di un messaggio da parte di Maurice LaMarche, viene ufficialmente annunciato che il cast di doppiatori originale sarebbe tornato per i nuovi episodi. Infatti il cast originale tornò per la rinascita. Inoltre, David X. Cohen ha affermato al "Newsday" che nel mese di agosto 2009 sarebbero stati approvati 26 nuovi episodi. La rete Fox si è ritrovata abbastanza contrariata nello scoprire l'avanzamento della serie. Il 24 giugno 2010, iniziò negli USA la sesta stagione su Comedy Central. La serie ebbe un successo enorme tra le trasmissioni notturne della rete, per gli alti ascolti. L'episodio con ascolti più alti è stato l'episodio Rinascita (Rebirth) con 2,92 milioni di ascolti con l'1,6% di share, mentre su Italia 1, in Italia, la sesta stagione ha registrato 1.918.000 con un share del 10,56%. Nel marzo del 2011, Comedy Central ha rinnovato la serie per una settima stagione composta da 26 episodi. La serie va in onda negli USA, dal 20 giugno 2012 fino al 2013. I produttori di Futurama, inizialmente, non erano a conoscenza se la serie sarebbe proseguita con la settima stagione. Per questo motivo, gli episodi: Musica dal profondo, e Overclockwise sono stati mandati in onda con un finale che doveva segnare la fine di Futurama. Il 9 febbraio 2022 viene annunciato il revival della serie composto da 20 episodi in arrivo nel 2023 sulla piattaforma streaming statunitense Hulu. Dapprima unica, lo sciopero degli sceneggiatori indetto nel corso del 2023 ha rallentato le cose, dividendo la stagione revival in due parti: la prima dal 24 luglio 2023 distribuita settimanalmente mentre la seconda con la stessa modalità, con il debutto rimandato a data da destinarsi. Tecnologia. Sono moltissimi gli elementi di innovazione tecnologica all'interno di Futurama. Alcuni sono volute distorsioni di realtà contemporanee, altri sono originali invenzioni. Come nei Flinstones tutti gli oggetti di uso comune erano sostituiti da equivalenti animali o preistorici, in Futurama ciò che non è nuovo e futuristico viene comunque riletto in chiave fantascientifica, come a giustificare l'aspetto o la funzionalità apparentemente antidiluviana (consideriamo l'anno di ambientazione, il 3000) con un elemento di tecnologia innovativa. Esempi lampanti sono la televisione, che mantiene l'aspetto e il funzionamento di quelle odierne, la macchina del caffè, il tritarifiuti, ecc; tutti questi oggetti prima o poi rivelano dietro la patina di normalità la loro essenza robotica: come il televisore che prende a calci Fry dopo un intervento sulla "violenza della TV". La navetta Planet Express. Costruita dallo stesso professor Farnsworth, che non la considera come la sua più grande invenzione, la navetta è alimentata dalla materia oscura, un tipo di combustibile largamente diffuso sul pianeta Vergon 6 e, come si scoprirà in seguito, prodotto come escremento dai mordicchiani. Capace di spostamenti molto rapidi (impiega 3 secondi per raggiungere la Luna), il cuore dell'astronave è costituito dagli incredibili motori di cui è dotata, capaci di mantenerla immobile e di spostare l'universo attorno a essa (tecnologia simile al teorico motore a curvatura). Nella quarta stagione rivela inoltre la presenza di una intelligenza artificiale (parodia di HAL 9000 di ""), che opportunamente impostata su personalità femminile finirà per avere una pericolosa relazione con l'infedele Bender. Le teste. Uno degli elementi costanti di Futurama è la presenza di celebrità: tali personaggi sono arrivati nel futuro grazie a una tecnologia (inventata da Ron Popeil, come dichiara lui stesso) che consente di separare le teste dal resto del corpo e di conservarle, vive e attive, a tempo indeterminato all'interno di contenitori cilindrici trasparenti pieni di un liquido dalla formula chimica: H2OGfat. La maggior parte di questi contenitori è radunata all'interno del "Museo delle teste", dove si trovano politici, atleti, attori e ogni sorta di personaggio famoso del ventesimo secolo e oltre. Benché immersi in questo liquido, questi personaggi riescono ugualmente a parlare e sono inoltre in grado di controllare alcuni servomeccanismi tramite una connessione alla base del contenitore: in alcuni casi si vedono queste teste sottovetro montate su corpi robotici o altri dispositivi, come quando Nixon compra il corpo metallico di Bender a un banco dei pegni, o anche come il minijet del presidente della luna Al Gore o il cantante Beck attaccato a un manichino. Nella sesta stagione di Futurama viene spiegato che nell'acqua, che viene usata per conservare le teste, vi è la presenza di un minerale particolare scoperto nelle profondità della terra. Esso quando viene polverizzato e mischiato nell'acqua, genera una sorta di bolla spazio temporale che tiene in vita la testa al suo interno. Una prima versione delle teste era già apparsa in un episodio dei Simpson, nel quale Bart si immaginava di partecipare a un quiz del futuro nel quale compariva questa tecnologia. Nella prima puntata di "Futurama" appare anche la testa dello stesso Matt Groening. Crossover. Nel 2014, la Fox ha previsto un crossover dei personaggi della serie con quelli de "I Simpson" nell'episodio della ventiseiesima stagione "Simpsorama", in cui Bender ritorna al passato per uccidere Homer, responsabile di future conseguenze dannose. Colonna sonora. Il tema della sigla e la colonna sonora della serie sono stati composti da Christopher Tyng sulla base di "Psyché Rock" di Pierre Henry e Michel Colombier. All'inizio della sigla di apertura, sotto il logo del titolo della serie compaiono in sovraimpressione delle scritte sarcastiche differenti per ogni episodio. A partire dalla terza stagione, ci sono alcune puntate in cui la sigla viene preceduta da una sorta di sponsorizzazione della serie da un prodotto del futuro. Invece nella parte finale, nel maxi-schermo su cui si scontra la navetta del "Planet Express", vengono visualizzate alcune brevi scene di classici dell'animazione del passato, come Felix the Cat. Nel film "Futurama - Il colpo grosso di Bender" la sequenza animata è proprio quella in cui Fry viene congelato nella prima puntata. Distribuzione. Edizione italiana. L'edizione italiana è stata curata da Ludovica Bonanome per le prime sei stagioni e da Paola Curcio per la settima. Il doppiaggio viene eseguito dalla CDC Sefit Group (SEFIT-CDC fino al 2010), sotto la direzione di Giorgio Lopez per le prime sette stagioni e di Fabrizio Manfredi per l'ottava. I dialoghi sono invece ad opera di Luigi Calabrò (coadiuvato da Nicola Marcucci per la sesta e la settima stagione), tranne per i film il cui dialoghista è Giorgio Lopez. Altri media. Fumetti. Esistono una versione a fumetti della serie intitolata "Futurama Comics" e pubblicata dalla Bongo Comics a partire dal 2000 negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Australia. Lungometraggi. Dalla serie TV, sono stati estratti quattro lungometraggi: "Il colpo grosso di Bender", "La bestia con un miliardo di schiene", "Il gioco di Bender" e "Nell'immenso verde profondo". Nati per rilanciare la popolarità della serie, sono stati poi separati in mini episodi per creare la quinta stagione della serie. All'edizione 2009 del Comic-Con, Matt Groening ha annunciato l'intenzione di trasporre la serie per il cinema, aggiungendo comunque che è presto per parlarne ulteriormente. L'8 settembre 2023, la produttrice esecutiva della serie, Claudia Katz, ha aperto alla possibilità futura di un ritorno della serie al cinema, accennando ad una possibile uscita sul "grande schermo". Videogiochi. Nell'agosto 2003 è uscito un videogioco d'azione e avventura per Sony PlayStation 2 e Microsoft Xbox intitolato semplicemente "Futurama". Il 28 giugno 2017 è uscito Futurama Worlds of Tomorrow per i sistemi iOS e Android, sviluppato da TinyCo e Jam City e scritto dagli stessi creatori del cartone, Matt Groening e David X. Cohen.
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Weird Tales Weird Tales è una rivista "pulp" statunitense di racconti horror e fantastici, pubblicato per la prima volta nel marzo del 1923. Il periodico fu fondato a Chicago da J. C. Henneberger, un ex giornalista con il gusto per il macabro. Edwin Baird fu il primo direttore del mensile, aiutato da Farnsworth Wright. Edwin Baird. Baird fu il primo a pubblicare alcuni degli autori più famosi di Weird Tales, come H. P. Lovecraft, Clark Ashton Smith e Seabury Quinn, autore, quest'ultimo, delle popolarissime storie di Jules de Grandin. Il giornale perse una considerevole somma di denaro mentre Baird ne era il redattore, quindi - avendo un capitale di $11 000 e accumulando un debito di $40 000 - fu licenziato dopo 13 uscite. Henneberger offri il lavoro di direttore a Lovecraft, che rifiutò, adducendo come scusa la sua riluttanza a trasferirsi a Chicago: "Pensa alla difficoltà di un tale spostamento per un vecchio antiquario", dichiarò lo scrittore, allora appena trentaquattrenne. Farnsworth Wright. L'editore diede quindi il lavoro a Farnsworth Wright, che divenne il redattore più conosciuto del periodico. Wright (che era affetto dalla malattia di Parkinson) continuò a pubblicare storie di Lovecraft, Smith e Quinn, anche se era più selettivo di Baird; rifiutò alcuni dei maggiori capolavori di Lovecraft, fra cui "Alle montagne della follia", "La maschera di Innsmouth" e (inizialmente) "Il richiamo di Cthulhu". Molti dei racconti del ciclo hyperboreano di Smith vennero egualmente rifiutati. Fra i nuovi autori che Wright trovò per la rivista vi furono Robert Bloch e Robert E. Howard, le cui storie di Conan il barbaro, divennero molto popolari. Wright pubblicò per la prima volta anche il commediografo Tennessee Williams (con la storia "The Vengeance of Nitocris"). Da segnalare che Wright assunse l'illustratrice e stilista Margaret Brundage per produrre le illustrazioni della copertina del giornale, a cominciare dal 1933, facendo di lei la prima e unica illustratrice donna di copertine di giornali economici. La Brundage creò molte immagini impressionanti, specialmente di giovani donne nude o seminude in pose provocanti (le sue scene fecero scalpore). Anche se la sua arte era tutt'altro che impeccabile, le copertine di Brundage divennero un centro di attenzione e di grandi controversie, il che naturalmente favorì la diffusione del giornale, incrementando notevolmente le vendite. Wright fece decollare anche le carriere di due importanti artisti fantasy, Virgil Finlay e Hannes Bok, acquistando e pubblicando i loro lavori per la prima volta e poi sempre più frequentemente. "Weird Tales" ebbe sempre problemi finanziari. Negli anni venti e trenta, il manager economico del giornale, William Sprenger, ebbe molta difficoltà a tenere a galla l'impresa. Si è stimato che la circolazione mensile di "Weird Tales" non superò mai le copie per numero. Negli anni venti la circolazione dei "pulp magazine" più famosi toccava la soglia del milione; anche durante la Grande depressione, i giornali più popolari come quelli di Doc Savage o dell'Uomo Ombra raggiunsero una circolazione di copie per numero, mensilmente o anche quindicinalmente. Dopo il 1926 Farnsworth Wright pagò i suoi collaboratori con un cent per parola, raddoppiando il costo del giornale di mezzo centesimo a parola; ma durante gli anni trenta la rivista fu spesso in ritardo con i pagamenti agli autori (fatto usuale nel campo dei periodici a quel tempo). Nel 1938 Henneberger vendette "Weird Tales" a William J. Delaney, proprietario ed editore del giornale "Short Stories". Davis assunse Dorothy McIlwraith, la redattrice di "Short Stories", per assistere Wright. Una serie di scelte sbagliate e il declino delle vendite portarono Wright a lasciare "Weird Tales" nel marzo 1940. Wright morì a giugno dello stesso anno. Dorothy McIlwraith. Sotto la guida di Dorothy McIlwraith, cominciata nell'aprile 1940, gli anni successivi della rivista furono caratterizzati dall'arrivo di nuovi scrittori, incluse alcune grandi figure come Ray Bradbury, Manly Wade Wellmann, Fritz Leiber, Henry Kuttner, C. L. Moore, Theodore Sturgeon, Joseph Payne Brennan, Jack Snow e Margaret St. Clair, assumendo un carattere più eclettico. Occasionalmente la rivista pubblicò alcuni racconti lovecraftiani presentati come pezzi "perduti" di Lovecraft, completati dal suo autonominato "esecutore letterario" August Derleth, che scrisse racconti per il giornale anche con il suo nome. Come molti giornali economici, "Weird Tales" soffrì per la carenza di carta da giornale durante la seconda guerra mondiale, e dopo per la concorrenza dei fumetti, delle commedie radiofoniche, della televisione, e dei tascabili economici. A livello commerciale, il periodico subì un rapido declino fino a cessare le pubblicazioni nel settembre 1954, dopo 279 numeri. Successive edizioni. La rivista ebbe alcune successive edizioni dalla vita breve, negli anni seguenti, inclusi 4 numeri come giornale nella prima metà degli anni settanta redatti da Sam Moskowitz e pubblicate da Leo Margulies. Robert Weinberg e Victor Dricks acquisirono il titolo i diritti dopo la morte di Margulies e pubblicarono una serie di quattro antologie tascabili, dal 1981 al 1983, curate da Lin Carter. "Weird Tales" fu riesumato per l'ultima volta nel 1988 sotto la licenza dei redattori/editori George H. Scithers, John Gregory Betancourt e Darrell Schweitzer, cominciando dal numero 290. Il giornale riedito ebbe un ragionevole successo commerciale (come qualsiasi periodico di racconti), pubblicando alcuni importanti scrittori contemporanei come Tanith Lee, Brian Lumley e Thomas Ligotti. "Weird Tales" divenne parte della catena DNA Publications per alcuni anni intorno alla fine del millennio, e nel 2005 è stata venduta alla Wildside Press (posseduta dal precedente coeditore Betancourt) e trasformata in pubblicazione bimestrale (6 numeri all'anno). All'inizio del 2007, la Wildside ha annunciato un imminente ritorno di "Weird Tales", nominando redattori Ann VanderMeer e Stephen Segal. Scithers e Schweitzer sono rimasti come azionisti, Betancourt come editore. L'edizione di marzo/aprile 2007 sarà la prima con una nuova veste grafica in 75 anni di pubblicazione. Dal 2012 passa alla proprietà di Nth Dimension Media, Inc. Fondata dallo scrittore Marvin Kaye (che diviene editore della rivista) e dal filmaker John Harlacher. Dopo sole quattro uscite (inverno 2012, autunno 2012, estate 2013, primavera 2014: "The Undead Issue") le pubblicazioni si interrompono. Il sito ufficiale sembra scomparso mentre se si prova ad accedervi si viene reindirizzati a un diverso dominio. Edizione italiana. Nell'aprile 2011 è cominciata la distribuzione dell'edizione in lingua italiana di Weird Tales. Il periodico ha cadenza bimestrale ed è diretto da Luigi Boccia. Il primo numero contiene i racconti "Il cuore di ghiaccio" di Tanith Lee, "Le fusa" di Michael Bishop, "Una macabra musica d'atmosfera" di Richard Howard e la prima parte di "Petali neri" di Michael Moorcock. Autori italiani pubblicati sull'edizione statunitense di "Weird Tales" sono stati Giovanni Magherini Graziani nell'ottobre 1934 e Roberto Quaglia nell'aprile 2006, con una storia scritta assieme allo scrittore britannico Ian Watson.
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Ferrovia elettrica dei Tatra La ferrovia elettrica dei Tatra (in slovacco: "Tatranská elektrická železnica"), colloquialmente chiamata ferrovia dei Tatra è una ferrovia a scartamento ridotto a singolo binario elettrificata che sorge sulla parte slovacca dei Monti Tatra. Consiste di due parti unite nella stazione di Starý Smokovec: Storia. Il completamento della ferrovia Košice-Bohumín nel 1871 e della Poprad-Kežmarok nel 1892, rese più agevole l'accesso alla regione degli Alti Tatra e iniziarono a giungere anche i turisti, che necessitavano di rapidi spostamenti di merci. Nel 1896 fu costruita una ferrovia da Štrbské Pleso a Štrba. Infine fu deciso di collegare Poprad a Starý Smokovec mediante una ferrovia a scartamento ridotto elettrificata. La costruzione iniziò nel 1906 e il tracciato fu aperto al traffico ferroviario nel 1908. La tratta da Starý Smokovec a Tatranská Lomnica fu aperta nel 1911 e la parte finale da Starý Smokovec a Štrbské Pleso nel 1912. La ferrovia era utilizzata sia per il trasporto passeggeri che per il trasporto merci. Nel 1948 la ferrovia fu nazionalizzata e, dal 1950 al 1992, gestita dalle Ferrovie dello Stato cecoslovacche; dal 1993, in seguito alla divisione della Cecoslovacchia, passò alle Ferrovie della Repubblica slovacca. Nella seconda metà degli anni sessanta, la ferrovia subì grandi cambiamenti, durante i preparativi per i Campionati mondiali di sci nordico del 1970; venne soppresso il servizio merci e da allora in poi effettuato solo il servizio passeggeri. All'inizio del XXI secolo i vecchi treni degli anni sessanta furono sostituiti con nuovi treni, dal design differente, di costruzione svizzera SLM.
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Pieve di San Martino Sopr'Arno La pieve di San Martino Sopr'Arno è un edificio sacro di Capolona che si trova nella località omonima. Storia e descrizione. Documentata dal 1017, fece parte dei possedimenti dei canonici della Chiesa aretina. In gran parte rimaneggiata nel XIX secolo, della probabile struttura basilicale a tre navate si conserva soltanto l'abside semicircolare e la parete terminale. Il loro paramento murario è formato da conci ben squadrati di arenaria disposti a filaretto. L'edificio è stato accorciato, cambiata la posizione del portale, ed è stata aggiunta un'abside recante la data 1854 opposta a quella originale. La modesta facciata ottocentesca è in pietra del tipo a capanna; il campanile posto nella parte tergale è a vela con bifore, campane e terzo fornice vuoto.
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1,706,708,677.141789
Pieve di Sant'Antonino a Socana La pieve di Socana è un edificio sacro del comune di Castel Focognano che si trova in località Pieve a Socana. Insieme all'area archeologica di epoca etrusca, si trova nella parte meridionale della vallata del Casentino. Storia e Descrizione. La Pieve medievale sorge in un luogo di importanza sacra per moltissimi secoli, esempio fra i più convincenti di tale continuità: infatti la chiesa si impiantò sui resti di un preesistente santuario etrusco, di cui si vedono, dietro l'abside della chiesa, i resti tra cui l'ara sacrificale. In epoca etrusca, e durante tutto il Medioevo, il Casentino era collegato con la città di Arezzo dalla via "delle Pievi Battesimali" (studi prof. Alberto Fatucchi) che, procedendo lungo la riva sinistra del fiume Arno, attraversava la vallata e si ramificava nelle valli secondarie per raggiungere la Romagna, il Mugello e il Fiorentino. In questo territorio si trovano due tra i più importanti santuari etruschi del centro Italia: uno è il Lago degli Idoli, l'altro è il santuario di Pieve a Socana. Significativa è la toponomastica, di origine etrusca e romana, lungo tutta la valle dell'Arno; la parola Socana sembra derivare dal nome etrusco di persona Saucni, Rassina, nome che qualifica il capoluogo comunale e il torrente che scorre nella valle che conduce a Chiusi della Verna, viene ricondotto all'etrusco Rasenna, Rasna o Rasini, che è il termine con cui gli Etruschi indicavano loro stessi. La presenza etrusca a Socana era nota fin dagli anni venti e trenta del Novecento, quando furono rinvenuti alcuni reperti nel terreno retrostante la chiesa, ma solo in occasione dei lavori di ristrutturazione della chiesa, avvenuti tra il 1969 e il 1974, nell'area attorno all'abside sono stati ritrovati i resti dell'altare sacrificale, le mura del recinto sacro assieme a mura di epoca medioevale e i resti di due absidi laterali. L'ara è realizzata in blocchi di pietra arenaria, tenuti insieme con grappe in piombo, presenta modanature lungo tutto il suo profilo e, dal punto di vista cronologico, dovrebbe risalire alla seconda metà V secolo a.C. L'altare, in ottimo stato di conservazione anche se in parte ricostruito rimontando assieme alcune parti rinvenute nei muri circostanti, è collocato all'interno di un recinto sacro, costituito da grandi blocchi squadrati. Si presenta simile all'ara del tempio C della città etrusca di Misa, nei pressi di Marzabotto e ciò attesta i rapporti, in epoca etrusca, tra il territorio casentinese e l'Etruria Padana. L'ara ha subito diversi interventi di manutenzione, l'ultimo dei quali nel 2015. In posizione opposta all'altare doveva trovarsi l'antico tempio etrusco, con la facciata rivolta ad est, di cui oggi è possibile vedere solo una porzione della monumentale scala del podio dietro ai resti dell'abside di sinistra della chiesa. Nell'area sono stati rinvenuti reperti che ci informano come il santuario sia stato frequentato almeno dal V al II sec. A.C. La chiesa è documentata a partire dall'anno 1004, e negli scavi del 1968-1970 si sono trovati i resti della chiesa dell'XI secolo sotto la pavimentazione dell'attuale: essa era stata costruita con orientamento opposto al santuario etrusco ed aveva la stessa pianta a tre navate ma divisa da colonne ed aveva tre absidi. Di questa fase rimane il campanile, eccettuata la cella campanaria, che nella struttura cilindrica percorsa da lesene mostra la derivazione da esempi ravennati-adriatici. Il presente, secondo edificio, databile ai due secoli successivi, fu quindi semplificato in pianta con l'eliminazione delle due absidi laterali. L'esterno della chiesa mostra l'esito di molte trasformazioni: la facciata a salienti risale infatti al XVI secolo, e testimonia che la chiesa fu ridotta di oltre la metà della primitiva lunghezza, oggi limitata a tre campate delle sei originarie. La struttura originaria a tre navate è quindi parzialmente visibile all'interno: le prime due sono delimitate da arcate a tutto sesto sostenute da pilastri rettangolari, mentre la terza presenta pilastri quadrati, tutti decorati a intreccio o palmette, motivi desunti dal romanico lombardo. Accanto ai pilastri si vedono ancora le basi delle colonne della precedente chiesa. L'ultima campata, insieme alla grande abside, costruite in conci di alberese, è considerata la parte più antica della chiesa, risalente al XII - XIII secolo, mentre le due campate anteriori, realizzate in arenaria, furono costruite più tardi e sono datate tra la fine del XIII e la prima metà del XIV secolo.
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1,706,708,677.14182
Coni Zugna Il Coni Zugna (1865 m) è un monte del Trentino meridionale, ai confini con la provincia di Vicenza. Storia. Durante la prima guerra mondiale fu teatro, con il vicino passo Buole, di aspri combattimenti fra l'esercito italiano e austro-ungarico nel maggio-giugno del 1916 durante la Strafexpedition. Descrizione. Si trova sulla dorsale montuosa che separa la Vallarsa dalla Val Lagarina, appena a nord rispetto al massiccio della Carega. Sul monte Zugna è posizionato l'osservatorio astronomico di monte Zugna, gestito dal museo civico di Rovereto.
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1,706,708,677.141851
Pieve di Sant'Eleuterio La pieve di Sant'Eleuterio è un edificio sacro di Castel Focognano che si trova in località Salutio. Storia e descrizione. La chiesa, forse di fondazione prelongobarda, ma documentata dal 1027, fu ricostruita tra l'XI e il XIII secolo, conserva un impianto romanico a navata unica. All'esterno, la facciata, preceduta da una breve scalinata, è semplicemente intonacata. Il portale è sormontato da una finestra rettangolare. L'aula interna conserva parte del paramento murario romanico ed è coperta da capriate lignee. La chiesa è ricca di opere d'arte: l'opera più antica è un frammento di ciborio affine a quello che si trova nella Chiesa di Carda ed anch'esso risalente alla prima metà del IX secolo, raffigurante, come l'altro, due "pavoni che bevono al calice della vita". Sugli altari laterali si trovano due tele dell'inizio del Seicento: cominciando dalla parete destra, quella raffigurante la "Circoncisione" di Tommaso Gorini, pittore fiorentino ma influenzato dall'ambiente pisano di Paolo Guidotti è datata, secondo documentazione, al 1644. Segue un dipinto raffigurante la "Santissima Trinità" del montevarchino Michelangelo Vestrucci che lo eseguì nel 1618, seguito da un affresco con l"'Annunciazione con i Santi Pietro e Paolo", e sopra una lunetta con "San Francesco che riceve le Stimmate", scoperto nel 1995, attribuito a Mariotto di Cristofano e databile tra 142 e 1430 circa, che era in origine sormontato dall'edicola gotica oggi nel fondo del presbiterio. Dietro l'altare maggiore, nella parete di fondo del coro, al centro, è l'edicola tardo gotica quattrocentesca, caratterizzata da un arco acuto decorato da archetti trilobi. Essa fu spostata dalla navata nel 1844, dall'allora pievano Giovan Battista Porcellotti, che la fece rimontare in questa posizione, affiancandole, per ragioni di simmetria, due edicole più piccole anch'esse archiacute. Nella navata sinistra si trova una tela con l'Annunciazione da attribuirsi senza dubbio a Simone Pignoni. All'altare laterale è invece una "Vergine del Rosario," di chiara matrice fiorentina, opera di Michelangelo Vestrucci del 1619. Verso l'ingresso è un'altra interessante tela con le "Stimmate di San Francesco" di Bernardino Santini, commissionata nel 1639 dal Pievano Tero Teri all'artista aretino assieme ad un "Sant'Eleuterio", oggi perduto, dipinti che in origine affiancavano la "Trinità" del Vestrucci.
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1,706,708,677.141898
Pieve dei Santi Vincenzo e Pietro La pieve dei Santi Vincenzo e Pietro è un edificio sacro di Chitignano che si trova in via Europa. Storia e descrizione. L'attuale parrocchia venne costruita agli inizi del Seicento per volere di Pier Francesco Ubertini e venne consacrata dal vescovo aretino Antonio Ricci nel 1614, come attesta un'iscrizione lapidea sulla parete destra. L'edificio, a navata unica con due cappelle laterali, è stato rimaneggiato più volte; la facciata e il portico laterale sono di epoca tardobarocca, anche se il soprastante locale finestrato è degli inizi del Novecento. Sul fianco destro si erge una torre campanaria con orologio costruita intorno al 1850. All'interno è conservato un altare ligneo con tela centinata raffigurante la "Madonna del Rosario e santi", probabilmente dei primi decenni del XVII secolo; vi si trova anche un'interessante tela seicentesca raffigurante "Sant'Orsola".
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1,706,708,677.141926
Spettatori nell'arena Spettatori nell'arena è un dipinto a olio su tela (73x92 cm) realizzato nel 1888 dal pittore Vincent van Gogh. È conservato nel Museo dell'Ermitage di San Pietroburgo. È rappresentata l'arena romana di Arles, con un pubblico in subbuglio per la corrida. Qui si nota chiaramente l'acuta osservazione con cui il pittore si concentra sul pubblico, anziché sull'evento sportivo, che viene relegato in fondo alla scena e vagamente accennato con qualche indefinita pennellata. I toreri stanno salutando il pubblico dopo aver abbattuto il toro, e gli uomini si accalcano ai bordi dell'arena per rendergli omaggio; viceversa, le donne (in costume tipico arlesiano) già hanno incominciato ad imboccare le uscite, lasciando gli spalti semivuoti: chi chiacchierando in gruppo, chi in solitaria, magari accennando qualche occhiata "storta" verso il pittore. Questo dipinto, insieme alla serie dei Les Alyscamps, è l'unico in cui il pittore raffigura una delle tante rovine romane presenti ad Arles, ma da lui quasi sempre ignorate. Ancora oggi, in estate, nell'arena romana di Arles vengono organizzate corride e corse di carri.
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1,706,708,677.141949
La montagna Sainte-Victoire vista dalla cava di Bibemus La montagna Sainte-Victoire vista dalla cava di Bibemus è un dipinto ad olio su tela (65 × 81 cm) realizzato nel 1898-1900 dal pittore Paul Cézanne. Il dipinto ritrae il massiccio montuoso chiamato Montagna di Sainte Victoire e che si trova nel sud della Francia. Per dipingere questa veduta e le numerose altre dedicate allo stesso tema, Cézanne lavorava in una cava abbandonata, ingombra di rocce accatastate e molto distante dal soggetto del quadro. Gli elementi della tela sono quattro: le rocce in primo piano, gli alberi, il cielo, la massa della montagna in lontananza. Tali elementi, separati fra loro nella realtà della scena, si fondono quasi nella rappresentazione, attraverso il gioco dei colori e la stesura delle pennellate regolari e geometriche. L'effetto complessivo di monumentalità e di ordine è molto lontano dalla leggerezza e dal movimento delle opere impressioniste. La linea dell'orizzonte, posta molto in alto, dà un effetto di ribaltamento della scena verso l'osservatore.
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1,706,708,677.14197
Ritratto di Filippo IV (Velázquez 1655) Filippo IV è un dipinto a olio su tela (69x56 cm) realizzato nel 1655 dal pittore Diego Velázquez. È conservato nel Museo del Prado di Madrid. Di questo ritratto esiste un'altra versione conservata alla National Gallery di Londra. Le differenza fra i due dipinti si concentrano sulla vestizione: nella copia del Prado del Filippo IV il vestito dipinto sembra essere un tessuto simile alla seta o di seta stessa, invece nella copia conservata a Londra l'abito sembra essere di panno o velluto ed il sovrano viene raffigurato con la collana dell'Ordine del Toson d'oro.
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1,706,708,677.141991
Il Corriere Mercantile
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1,706,708,677.142008
Beta glucosidasi
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1,706,708,677.142022

Dataset Card for itwiki-march-2024

The dataset is obtained from the last Italian March 2024 dumps of Wikipedia, Wikinews and Wikibooks. The text is extracted by using wikiextractor: https://github.com/attardi/wikiextractor.

Dataset Details

Dataset Description

  • Curated by: SWAP Research Group, Department of Computer Science, University of Bari Aldo Moro
  • Funded by [optional]: PNRR project FAIR - Future AI Research (PE00000013), Spoke 6 - Symbiotic AI (CUP H97G22000210007) under the NRRP MUR program funded by the NextGenerationEU.
  • Language(s) (NLP): Italian
  • License: cc-by-nc-sa-4.0

Dataset Sources

  • Repository: Italian Wikimedia dumps: Wikipedia, Wikinews and Wikibooks.

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Dataset Card Authors

Pierpaolo Basile, University of Bari Aldo Moro, Italy.

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